Vai a fare i compiti! quante volte lo hai detto?

I compiti per casa possono diventare il motivo di litigi in famiglia

Compiti a casa: una lotta per la sopravvivenza

Spesso i genitori non si accorgono delle difficoltà di apprendimento del figlio ed inizia una lotta senza fine

Passavo tutto il pomeriggio a “fare i compiti” e non capirci nulla!

Totale confusione, poi tornava papà, e iniziava il momento del terrore.

Era lui che mi controllava i compiti.

Appena seduti a tavola per cena, aspettavo preoccupato la domanda: “hai fatto i compiti?!”

Ovviamente la mia risposta era sempre positiva e cercavo in tutti i modi di prendere tempo.

In quei momento il terrore si estendeva a tutta la famiglia, perché si sapeva che da li a poco sarebbe successo il putiferio.

i compiti erano sempre incompleti e malfatti

Il quaderno tutto pasticciato

E non si poteva nemmeno controllare quali fossero i compiti del giorno dopo, perché spesso facevo sparire le pagine del diario.

Sparivano non perché volessi nascondere i compiti, ma per cercare di eludere le note.

Ma il problema non si sarebbe comunque risolto perché spesso la mia grafia era incomprensibile.

La materia che ho odiato di più è stata la storia!

Non capivo il motivo per cui mi dovevo occupare della storia degli altri, quando avevo già i miei grossi problemi nel presente.

Durante il controllo dei compiti, cercavo in tutti i modi di dimostrare di aver studiato e di aver fatto i compiti.

Quando mio padre si accorgeva che stavo cercando di fregarlo, perdeva le staffe.

“Vai in camera tua, e non uscire fino a quando non hai imparato la lezione a memoria!”

Passavo le serate sui libri e  senza cena.

Venivo definito in vari modi “vivace, svogliato, pigro, sognatore”.

Molti ancora non conoscono i Disturbi Specifici di Apprendimento.

Di sicuro i genitori non sono costretti a saperlo

Ma rimango basito quando sento un dirigente scolastico che dice davanti alle mie orecchie:

“No, ma lei è furbetta, aveva bisogno solo di una tirata di orecchie!”

Riferito ad una studentessa di terza elementare.

Era ovvio che non conosceva la dislessia!

Immagino che molti genitori si saranno ritrovati in questa situazione

Da questo racconto vorrei trarre delle conclusioni da non dimenticare:

  • La scuola non è tutto, è solo una piccola parte della vita di un bambino.
  • costringere un bambino dislessico a studiare, non servirà assolutamente a niente, se non a renderlo più frustrato e arrabbiato. È utile invece, trasformare quello che c’è scritto sui libri in storie ordinarie, reali, più vicine agli interessi del bambino.
  • Andare a fondo sulle difficoltà dei vostri figli e non fermatevi alle prime impressioni e alle dicerie.
  • Non esistono bambini “ciucci”, al contrario esistono scuole dalle risorse limitate che includono i bambini che sanno leggere e scrivere bene ed escludono bambini creativi, con un apprendimento fatto di immagini ed esperienza sul campo.

Impariamo a comprendere le modalità di apprendimento di ogni bambino in modo che venga ascoltato e non semplicemente riempito di nozioni come un sacco! 

Benny Fera
Psicologo dislessico e Autore
Servizio di formazione e sensibilizzazione DSA

Il bambino dimenticato
Come viviere da dislessico
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Dislessia: quale scuola?
Ti ho lasciato un bacio in stazione
Benny fuori classe

7 pensieri riguardo “Vai a fare i compiti! quante volte lo hai detto?”

  1. Bravissimo 😉 hai reso l’idea… E purtroppo ancora oggi ci sono casi assurdi… Passi ai miei e forse ai tuoi tempi… Ma oggi 😳 quando vengo a conoscenza di certe cose, mi sale una rabbia e un’infinita tristezza per le “vittime”

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  2. Si…sei stato chiaro e diretto. Inoltre hai evidenziato un aspetto molto importante la sovente incapacità di dirigenti e sistema scolastico di andare incontro alle diverse esigenze. Fornendo strumenti adeguati per ognuno, ciascun ragazzo è in grado di stare al passo con i programmi.

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