Alessia 18 anni ci racconta il suo percorso con la dislessia

i compagni hanno sempre visto solo le mie difficoltà, sono sempre stata etichettata inferiore, perché usavo calcolatrice e mappe concettuali.

Sono felicissimo di poter dare spazio ai giovani

Alessia mi ha contattato sulla pagina Facebook “Benny Fera – ioeladislessia.com” per raccontarmi la sua storia.

Sono felice perché Alessia, come tanti altri ragazzi, riconoscono in questo blog uno spazio in cui potersi raccontare senza sentirsi giudicati.

Uno spazio creato da chi la sofferenza e il disagio in classe l’ha conosciuto in prima persona e che oggi diventa una risorsa per molti.

Alessia scrive …

Ciao mi chiamo Alessia Finelli, ho 18 anni, e sto frequentando l’ultimo anno di liceo delle scienze umane.

In terza elementare il mio maestro di matematica ha notato in me delle difficoltà di apprendimento.

Ero molto piccola e non sapevo cosa volesse dire “Dislessia” ma con il passare del tempo questa parola divenne per me un incubo, il mio punto debole.

Ancora oggi faccio fatica ad accettarla, forse perché ho sempre avuto a che fare con persone che mi reputavano inferiore.

Sono convinta invece, che essere più lenti rispetto agli altri non vuol dire essere da meno.

Le scuole medie sono state il periodo più brutto della mia vita, ho vissuto un contesto dove la selezione avveniva in base a quello che sei capace di fare.

Tutto questo andava a mio discapito, perché i compagni hanno sempre visto solo le mie difficoltà, sono sempre stata etichettata come inferiore, perché usavo calcolatrice e mappe concettuali.

Per questo ora le mappe concettuali non le uso più, ho imparato a farne a meno.

Oltretutto mi volevano come compagna di banco solo per poter copiare dalle mie mappe durante le verifiche.

L’anno scorso mi è capitato di voler aiutare un mio compagno offrendogli gli schemi riassunti che avevo fatto per un’interrogazione, è stato umiliante sentir dire da un suo compagno: “è dislessica, chissà come saranno…”

Volevo piangere e basta!

Della calcolatrice, purtroppo, non posso farne a meno perché le professoresse, a mio parere, poco competenti, non si sono impegnate ad insegnarmi strategie e metodi diversi per fare i calcoli, mi dicevano semplicemente: “te hai la calcolatrice, devi fare tutto con quella”.

Una frase che mi ha molto segnata detta da un’insegnante: “ti metto 6 perché sei dislessica“ mi ha fatto molto riflettere!

Preferisco prendere 5 con le mie capacità, piuttosto che 6 perché ho un foglio che spiega le mie difficoltà!

Ma cosa c’è di più brutto di sentirsi dire dalle compagne “ma se lo avessi io il PDP….!!”, la gente non sa quello che dice perché non riconosce le nostre difficoltà.

Per me quella certificazione è un ostacolo che non so se riuscirò mai a superare!

Anche il solo sentire alla tv parlare di questa difficoltà mi rende nervosa!

Ma forse è grazie a questa difficoltà che ho sempre più voglia di imparare anche cose in cui faccio fatica?

Ci provo sempre, e se non ci riesco chiedo aiuto e provo ancora … ma non mollo!

Le difficoltà che ho passato in questi anni mi hanno portata ad imparare in silenzio e parlare poco, perché ho paura di sbagliare di essere presa in giro.

Spero un giorno di accettare tutto questo è poterne parlare in tranquillità e magari aiutare altri ragazzi come me

Alessia Finelli

Ringrazio fortemente Alessia per aver voluto condividere con noi questa sua esperienza.

Non mi resta che aggiungere le mie considerazioni …

Posso sicuramente prendere spunto da questa testimonianza per rimarcare il fatto che il momento storico in cui ci troviamo non va a vantaggio di nessuno.

Sembra che chiudere un buco da un lato ne apre 10 dall’altro.

Per quanto molti insegnanti credano che la certificazione e i metodi compensativi e dispensativi siano utili, dall’altro lato creano un’enorme discriminazione tra i compagni.

Un errore non da poco se consideriamo che l’adolescenza è un periodo molto delicato in cui un giocane cerca un’identità sociale, e sono sicuro che ne Alessia, ne molti altri studenti vogliono identificarsi in una qualsiasi etichetta.

Un problema sicuramente da prendere in considerazione in questo momento storico dove si da troppo conto ai voti e al programma scolastico lasciando poco spazio a valori umani e psicologici della persona.

Non sono le nozioni che costruiscono l’identità e l’autostima della persona, ma il dialogo, le relazioni, l’empatia e il riconoscimento delle proprie capacità.

Oggi stiamo mettendo troppo il punto sulle difficoltà degli studenti, senza pensare che un sistema scolastico basato sull’apprendimento mnemonico avvantaggia alcuni a discapito di altri.

E’ difficile aprire la mente su un sistema scolastico che oramai tiene il suo stampo da decenni.

Per provare ad avere una visione diversa dell’educazione vi consiglio di leggere “la scuola dei miei sogni”, provate a sentire nello stomaco se vi suona bene quello che leggerete.

Cosa stiamo dando ai giovani?

Ad Alessia abbiamo consegnato un bagaglio di insicurezze.

Vogliamo andare avanti cosi?

Benny Fera
Psicologo dislessico e Autore

Servizio di formazione e sensibilizzazione DSA

Il bambino dimenticato
Come viviere da dislessico
La scuola dei miei sogni
Dislessia: quale scuola?
Ti ho lasciato un bacio in stazione
Benny fuori classe

2 pensieri riguardo “Alessia 18 anni ci racconta il suo percorso con la dislessia”

  1. io ho una nipote dislessica ha quasi 10 anni è veramente dura x lei andare a scuola, nonostante lei abbia il pdp le insegnanti la trattano come un asina che non vuole fare niente,invece la bambina ha difficoltà a stare a passo con i compagni che ridono di lei…adesso lei è molto depressa poiché ha perso la sua autostima…è difficile e non so come aiutare lei e mia sorella…

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  2. forza alessia vai avanti voltale spalle a quegli invidiosi che ti sono amici solo per interesse l esperienza della v ita ti insegnerà come dice pirandello c he troverai tante maschere e pochi volti

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