Se lo studente non prende uno stipendio, perché dovrebbe studiare?

Una domanda che mi sono sempre posto da ex studente è stata: “perché devo studiare queste cose che non mi piacciono, spesso anche imposte in malo modo? Come studente, qual’è il mio beneficio qui e ora per aver studiato determinate materie?”

La risposta potrebbe essere “il voto”, ma sinceramente per quanto mi riguarda non l’ho mai visto come una gratificazione, ma più come un giudizio. Quindi a mio parere il voto non è un premio.

È allora? perché uno studente dovrebbe essere “motivato allo studio”, come spesso si dice!

Ci sono studenti a cui piace studiare, e per il solo piacere di farlo, ne traggono un beneficio morale. Ma che facciamo della restante maggiornaza?

Il fatto che mi sconvolge ancora di più è che lo studente non ha scelto di studiare, bensi è obbligato a farlo!

Non sono qui a discutere dei benefici dello studio a lungo termine, sono sicuro che ridurre l’analfabetismo e dare delle possibilità in più ai giovani sia una cosa importante, ma mi viene sempre il dubbio, veramente lo studente è consapevole dei benefici dello studio? oppure la realtà che viviamo è che l’80% dei giovani non ha proprio interesse per lo studio?

Non do la colpa ai giovani! Sfido chiunque ad essere costretto a studiare per più di otto ore al giorno, spesso argomenti che non piacciono, senza stipendio.

È praticamente un lavoro a tempo pieno, ma gli studenti davvero non vedono i benefici dello studio nel qui e ora, se si considera anche il fatto che le distrazioni nella società di oggi sono moltissime rispetto a 100 anni fa, dove andare a scuola ed avere dei libri era una vera fortuna.

Partendo da questo presupposto, come può un insegnante “pretendere” da uno studente?

L’insegnante, a differenza dello studente, prende uno stipendio, non solo, ha di propria volontà scelto di fare quel mestiere! quindi dovrebbe essere già motivata a farlo.

E quindi cosa pretende un insegnante da uno studente?

Che studi e che prenda buoni voti! e perché?

Io non vedo perché, a ragion di logica, lo studente che è stato messo in classe non per scelta, senza ricevere nemmeno una gratificazione, dovrebbe essere interessato a studiare e ad ottenere buoni voti.

La disparità tra insegnante e studente è enorme, non c’è nessuno punto di contatto tra loro. L’insegnante entra in classe per spiegare la lezione e poi pretende degli studenti preparati.

Non solo, quando l’insegnante non ottiene i risultati sperati, spesso infierisce con giudizi, note di demerito e voti negativi. Ecco che, a questo punto, la vera motivazione dello studente è la paura!

La paura di ottenere brutti voti e punizioni da parte dei genitori lo porta ad impegnarsi di più a sforzarsi per ottenere buoni risultati, sviluppando però dentro di se un sentimento di ansia, paura, disprezzo e rassegnazione.

E quindi, come si fa?

Prima di tutto l’insegnante deve entrare in classe con una consapevolezza diversa:

  1. Lo studente non ha scelto di venire a scuola;
  2. Lo studente non riceve uno stipendio;
  3. Lo studente può non essere interessato a tutte le materie;
  4. Lo studente è costretto a stare in classe anche contro la sua volontà;
  5. Non tutti gli studenti sono portati per lo studio;
  6. Alcuni studenti soffrono a stare ore ed ore seduti al banco.

A questo punto, il mio consiglio agli insegnanti è quello di offrire qualcosa a questi poveri studenti, ad esempio qualcosa di molto semplice e che non costa nulla: “la fiducia, la stima e il rapporto umano”. Se riuscite a dialogare con gli studenti, a trattarli come individui, ad accettarli con le loro particolarità, vedrete che loro vi ricompenseranno, almeno avranno la motivazione di studiare per alimentare il rapporto di fiducia con voi.

A questo punto il voto passa in secondo piano, e non ha davvero valore, lo studente almeno deve sapere che in caso di difficoltà può contare sulla fiducia dell’insegnante.

Con la paura e la minaccia non si impara nulla, con l’emozione si ricorda tutto.

Dr. Benny Fera
Psicologo e autore.

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