Il giorno del mio compleanno

Da bambino i festeggiamenti mi imbarazzavano, non mi piaceva stare al centro dell’attenzione.

26-10-1981

Oggi è il mio compleanno, e sono felice!

Lo so, le belle notizie non fanno mai molto audience, ma se mi conosci sai quello che ho passato.

Sono Benny Fera autore del libro “il bambino dimenticato”

Oggi voglio raccontarti di come mi sentivo il giorno del mio compleanno quando ero un bambino.

Mi vergognavo

I festeggiamenti mi imbarazzavano, non mi piaceva stare al centro dell’attenzione.

Non mi piaceva perché mi succedeva spesso in classe di essere umiliato davanti a tutta la classe.

Ormai era un’abitudine per me essere trattato come un asino.

Dentro di me ero convinto di non valere nulla!

La mia autostima era sempre sotto terra, e qualsiasi complimento mi facessero, mi sembrava una presa in giro.

Il giorno del mio compleanno non mi piaceva, perché non accettavo il fatto di essere festeggiato e di essere apprezzato.

Questo apprezzamento non risuonava nel mio cuore.

Erano battaglie con la mamma per cercare di organizzare una festicciola con i compagni di classe.

Andavo in ansia, perché per me era una prestazione anche stare in compagnia degli amici.

Mi dicevo: “sarò all’altezza della loro compagnia? e se non si divertono?”

Mi mettevo sempre in discussione, perché il mondo della scuola lo faceva con me.

ho passato la maggior parte degli anni della mia vita a nascondermi, sopratutto il giorno del mio compleanno.

Non volevo gli auguri di nessuno, sentivo di non meritarli.

Voglio dire a tutti che oggi sono felice

E apprezzo molto i vostri auguri!

Sento il vostro amore

E adesso vi accolgo perché mi sento finalmente un uomo realizzato.

Un uomo che si sente libero

Un uomo che finalmente ha trovato la sua missione di vita

Aiutare i bambini che soffrono!

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Sei stato bravo ma puoi fare di più

un bambino che va a scuola non può esimersi dal giudizio quotidiano.

Ci sono state rare volte a scuola che riuscivo a capire particolarmente bene un compito.

In pratica riuscivo a volgerlo in maniera automatica e meccanica.

É tipico nei DSA avere un’intuizione.

Ci sono compiti di cui capiamo il meccanismo e riusciamo a replicare più volte.

In questi momenti particolarmente illuminati della mia vita scolastica, ero particolarmente soddisfatto di me.

“Finalmente, sono bravo come gli altri!” mi dicevo.

Mi piaceva mettermi in mostra con la maestra, mostrare il mio compito ben fatto per sentirmi dire “bravo, ma puoi fare di più”

Proprio ieri ho scritto un articolo sulla sensibilità del bambino con DSA.

Quel “puoi fare di più” risuonava in me come una martellata.

In un attimo la delusione si faceva spazio in me e la frase che mi risuonava dentro era “non sono abbastanza”.

Rapidamente cadevo nella mia solita tristezza, nel mio solito angolo buio.

Il mio angolo buio interiore, quello della vergogna!

Per molti sembrerà esagerato, ma per noi DSA, particolarmente sensibili, il giudizio degli altri fa particolarmente male.

La nostra sensibilità ci porta ad essere empatici, ed il giudizio degli altri non passa certo inosservato.

Ho fatto un grande lavoro sulla mia autostima per ricordarmi che il giudizio degli altri è indipendente da me ed è strettamente legato a quello che faccio e non a quello che sono.

Ancora oggi sono molto suscettibile ai commenti negativi, in qualche modo toccano quella parte infantile che vive dentro di me.

L’autostima è qualcosa su cui un adulto può lavorare, ma un bambino che va a scuola non può esimersi dal giudizio quotidiano.

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Un bambino sensibile in classe non apprende

Nel DSA la distrazione è solo un tentativo di fuga!

Mi hanno definito in molti modi diversi

“É tutto speciale”

“É molto sensibile”

Da bambino mi faceva arrabbiare davvero sentirmi dire che ero troppo sensibile, mi faceva pensare a una fragile femminuccia delle favole.

Eppure non si poteva definire altrimenti…

Ricordo che spesso in classe mi isolavo, cercavo di nascondermi, spesso non riuscivo nemmeno a rispondere alle domande più semplici perché ero come “bloccato”.

Cosa succedeva?

Non sono io ad essere strano, la sensibilità, come caratteristica, esiste e viene chiamata più tecnicamente “ipersensibilita” o ancora Highly Sensivite Person (persone altamente sensibili).

Questa caratteristica riguarda ovviamente sia bambini che adulti.

Si tratta di una spiccata sensibilità dei 5 sensi:

  • sensibilità agli odori sviluppata
  • sensibilità al contatto sulla pella
  • sensibilità agli stimoli visivi 
  • sensibilità agli stimoli uditivi
  • sensibilità ai sapori

Queste persone sentono più forte rispetto alla media.

La caratteristica che io ritengo più interessante ed importante ritengo che sia l’empatia.

Empatia vuol dire percepire le emozioni delle altre persone.

Purtroppo questo non sempre è un bene, in quanto spesso le emozioni delle altre persone non sono buone e ci si appiccicano addosso anche senza che noi lo vogliamo.

Per entrare nello specifico, immaginiamo una situazione del genere in classe:

La maestra è nervosa, stanca e il bambino altamente sensibile lo capisce dal volto, dal tono della voce, dai gesti.

Non c’è bisogno che l’insegnante dica esplicitamente di essere nervosa e stanca, il bambino sensibile (caratteristica del DSA) lo sente!

Il bambino dislessico è anche molto sensibile e di farà carico dello stato d’animo dell’insegnante.

Si sentirà preoccupato, diventerà nervoso anche lui e si sentirà sotto minaccia.

In qualche modo questo bambino vorrebbe andare via per sottrarsi alle brutte sensazioni, ma non può perché è in classe a far lezione.

Il bambino entra in protezione, la minaccia mette in funzione il cervello rettiliano.

Il cervello rettiliano è la parte più antica del nostro cervello, la parte che ci aiuta a difenderci.

Quando il bambino si sente in pericolo, entra in funzione questa parte del cervello.

Quando il cervello rettiliano è attivato, nessun altra parte del cervello entra in funzione.

Si mette in atto una sorta di protezione “attacco o fuga”.

Le condizione in cui si lavora in classe, lo stato d’animo degli alunni e dell’insegnante, sono molto importanti.

Una classe caotica, problematica, un’insegnante nervosa, ansiosa, stanca, sono tutti fattori che hanno un potente effetto sui bambini sensibili.

Spesso si dice “il bambino è distratto, sembra in un altro mondo”

Ebbene quella distrazione non è altro che un tentativo di fuga.

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Spesso i genitori mi chiedono: come hai fatto a laurearti?

Si dice che la Laurea è un punto di arrivo, per me è stato un lancio nel vuoto.

La domanda che spesso mi fanno i genitori durante gli eventi sulla dislessia è:

“Come hai fatto a laurearti?”

Ed io rispondo: “Tra un Gin Tonic e un Margarita…”

A parte gli scherzi, non è stato facile arrivare al traguardo della laurea, se consideriamo anche il fatto che ho intrapreso questo percorso per diversi motivi:

  1. Dimostrare alla mia famiglia di essere capace
  2. Dimostrare a me stesso di potercela fare
  3. capire me stesso

Mi sono laureato in psicologia, ma non è stato grazie alla laurea che ho capito me stesso, ma grazie ai libri che ho letto per mia libera scelta.

A parte questo, quando intraprendi un percorso di studi con la rabbia dentro non è mai facile, sopratutto se hai delle difficoltà nell’apprendimento.

Durante il percorso di laurea non sapevo di avere un DSA.

Sono andato avanti con molta fatica.

  • Cercavo di imparare le parti più importanti a memoria
  • Facevo piccoli riassuntini
  • mi segnavo delle parole chiave

Vi assicuro che mi rimaneva ben poco di quello che studiavo, e non per gli argomenti trattati, quelli erano interessanti di certo, ma per il modo in cui erano scritti.

I testi scolastici e universitari sono scritti in maniera formale e descrittiva, praticamente veleno per il cervello DSA.

Il linguaggio preferibile per una mente DSA è quello discorsivo, dove si racconta un contenuto sotto forma di storia.

Il mio percorso di studi si è concluso con 3 anni fuori corso e con molta delusione.

il giorno dopo la laurea ero distrutto perché mi ero accorto di aver fatto tanta fatica per dimostrare qualcosa alla mia famiglia.

Portavo dentro tanta rabbia per le ingiustizie che avevo subito a scuola.

E con la stessa rabbia puntavo il dito contro me stesso e dicendo: “ce la devi fare! altrimenti hanno avuto ragione tutti gli insegnanti che ti dicevano che sei un asino.”

Sapete non è questa la realizzazione di una persona.

Infatti dentro mi sentivo svuotato, non avevo più nessun obiettivo in mente e non avevo idea da dove iniziare.

Si dice che la Laurea è un punto di arrivo, per me è stato un lancio nel vuoto.

La realizzazione di una persona arriva quando l’individuo riconosce le sue abilità, le sue passioni, il senso della sua vita, e mette a disposizione le sue conoscenze per il mondo.

La realizzazione di una persona arriva quando senti che quello che stai facendo ti fa stare bene e non lo usi come un mezzo per punirti o per dimostrare qualcosa agli altri.

Per questo motivo cari genitori lavoro per una scuola diversa.

Perché un giorno i vostri figli non siano colmi di rabbia e non compiano azioni solo per dimostrare qualcosa agli altri, o addirittura contro loro stessi.

Per questo cari genitori ci tengo a dire che un bambino arrabbiato per la scuola, porterà questa rabbia dentro come un’ingiustizia e la vivrà dentro di se come un demone.

Per questo cari genitori la laurea non è cosi importante.

É importante la gioia di vostro figlio, l’amore e la passione che metterà nel lavoro che sceglierà di fare.

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L’unione fa la forza: la testimonianza di Marina

Ricordo ancora la fatica e le lacrime di Andre per il grande sforzo.

Ci sono stati due anni della mia vita in cui ho fatto un tirocinio presso uno studio privato che si occupava di potenziamento nei Disturbi specifici di Apprendimento.

Andrea a quel tempo aveva 10 anni!

Ricordo ancora la fatica e le lacrime di Andrea per il grande sforzo.

Ricordo ancora il dolore che provavo dentro nel vederlo soffrire!

La mamma vuole raccontare la loro storia … a lieto fine..

Buongiorno Benny!

Non so se ti ricordi (è passato un po’ di tempo), sono la mamma di Andrea.

Vorrei parlarti dell’esperienza di Andrea e di riflesso della mia come mamma di un DSA.

Seguo con interesse la tua pagina anche se quasi mai riesco ad esserci per le dirette.

Leggendo tutte le testimonianze dei ragazzi che ti scrivono, la tua esperienza e quelle delle mamme mi sono ritrovata a rivivere i difficili momenti passati.

Abbiano scoperto la dislessia di Andrea in prima media.

Ovviamente fino ad allora il copione è stato uguale a tutti gli altri:

Andrea si rifiutava di studiare, non voleva andare a scuola perché diceva di essere incapace, attacchi di ansia, rabbia. insomma tutto quello di cui si parla sulla tua pagina.

Un bel giorno ho deciso di chiedere consulenza ad una psicologa per me, non per Andrea, perché io e mio marito avevamo divorziato e ritenevo di avere bisogno di un supporto.

Mi si è aperto un mondo.

Parlando con lei è venuto fuori il discorso di Andrea e subito lei ha fatto leva su un punto, la sua autostima.

Il percorso da mio si è trasformato nel percorso mio di Andrea e del papà.

É stato difficilissimo, lungo, pieno di salite, ma il lavoro sull’autostima di Andrea ha funzionato.

Ovviamente ogni tanto ha qualche “ricaduta”😅 seppur breve, ma va a gonfie vele.

In tutto questo vorrei aggiungere che è stata positiva anche la mia esperienza con la scuola. Forse siamo stati fortunati (anche se ormai dovrebbe essere la prassi e non si dovrebbe parlare di fortuna), per la scuola elementare non ho parole, è stata una catastrofe, ma dalla scuola media è andata meglio.

Siamo stati fortunati ad aver trovato l’insegnante di italiano che non ha fatto pesare la situazione di Andrea. Gli parlava, lo metteva a suo agio, coinvolgeva gli altri insegnanti in metodi alternativi per i DSA, seguivano il PDP, hanno saputo valorizzare la sua inventiva coinvolgendolo in attività. In questo modo Andrea ha capire il suo valore.

Ora Andrea fa il primo superiore all’alberghiero, ci siamo trasferiti a firenze per lavoro e avevo paura di trovare una situazione differente in questa scuola e in questo nuovo ambiente. invece sono rimasta piacevolmente sorpresa. la scuola ha una coordinatrice per i DSA alla quale i ragazzi e i genitori possono rivolgersi per qualsiasi problema,dubbio ecc. Hanno organizzato la scorsa settimana una riunione con i genitori dei DSA per confrontarsi e ora ne organizza una con i ragazzi per illustrargli programmi che possono trovare su internet per studiare con mappe ecc.

Andrea ormai studia da solo senza il mio aiuto, ha concluso gli esami di terza media con 8 e ora le prime interrogazioni vanno bene con voti 8/8.5.

Ha trovato la fiducia in se stesso, ha capito che la sua non è una malattia (cosa della quale è stato convinto per un po’ di tempo) ed è molto migliorata la sua autostima.

Aggiungo che anche lo sport sta facendo la sua parte.

Scusa se mi sono dilungata troppo ma, tra le tante esperienze negative, volevo dare la mia positiva per mandare il messaggio che fortunatamente ci sono (anche se in netta minoranza) insegnanti e scuole che supportano i nostri ragazzi.

ti faccio il mio in bocca al lupo per il percorso che hai intrapreso.

a presto

Marina

Grazie a Marina per il prezioso contributo!

Ed un grande abbraccio ad Andre con il quale c’è sempre stata una grande intesa! In bocca al lupo amico mio!

Ogni sabato una testimonianza

Se vuoi inviarmi la tua testimonianza scrivimi a benedetto.fera@gmail.com

Oppure scrivimi un messaggio privato su Facebook cliccando qui

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Mio figlio si deve laureare

Ascoltate costantemente i vostri figli, altrimenti diventeranno una brutta copia di voi stessi.

Oggi vorrei parlare di un desiderio inconscio di tutti i genitori.

Il desiderio di vedere il figlio laureato!

Si sa che i genitori bramano sempre il meglio per il proprio figlio.

Ma i desideri dei genitori, combaciano con quelli dei propri figli?

la mia grande sensibilità, tipica nei DSA, mi ha portato sempre a voler soddisfare i desideri degli altri, sopratutto quello dei miei genitori.

Loro volevano vedermi laureato, e anche se a volte non lo dicevano apertamente, leggevo sui loro volti una nota di dissenso verse alcune mie decisioni.

Percepivo il loro dispiacere nel vedermi studiare poco.

Ricordo il giorno della laurea, non ero molto soddisfatto, nel profondo ero solo felice di aver accontentato i miei genitori.

Ne è valsa la pena?

Non saprei, visto che sono stato per la maggior parte del tempo infelice.

Addirittura la mia sofferenza è stata lo spunto per un libro “il bambino dimenticato

Vorrei farvi alcune domande:

Cosa è più importante per voi: la gioia o il successo?

Cosa è più importante per voi: il giudizio degli altri o il benessere di vostro figlio?

Siete sicuri che i vostri desideri siano anche quelli di vostro figlio?

Spesso i figli, sopratutto quelli sensibili, si trasformano in base a come i genitori li vorrebbero.

In questo modo non esprimono mai se stessi!

Ascoltate costantemente i vostri figli, cercate di capire i loro desideri, altrimenti un po’ alla volta diventeranno una brutta copia di voi stessi.

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Una volta i DSA non andavano a scuola.

La scuola non è per tutti, e questa non è una triste verità!

Tanto clamore oggi sulla dislessia e i Disturbi Specifici di Apprendimento.

Ma cosa succedeva nei tempi passati?

Una volta la scuola ricopriva un ruolo fondamentale nella società.

Il ruolo di istruire e formare la popolazione che altrimenti non avrebbe avuto i mezzi per farlo.

La scuola nasce con un obiettivo sociale nobile, nasce da un’esigenza.

Ci sono sempre stati i bambini e ragazzi che non andavano bene a scuola.

Cosa facevano i genitori di questi ragazzi?

dicevano: “non sei fatto per studiare, vai a lavorare!”

A quel tempo le alternative erano due: Lavorare o studiare. 

Oggi pare che l’alternativa sia solo una: studiare, studiare, studiare. La competitività è arrivata alle stelle e per un genitore sarebbe un disonore avere un figlio non laureato!

In realtà, mentre noi discutiamo, ci sono migliaia di persone nel mondo che a scuola non ci sono andati ed oggi hanno comunque avuto successo.

La scuola non è per tutti, e questa non è una triste verità!

Pensate alle persone con spiccate doti intuitive e creative che a scuola si annoiano a morte.

Persone che non sono stimolate dall’apprendimento passivo, come anche dai lavori di routine.

Sono le stesse persone che il lavoro se lo inventano.

Parliamo adesso della generazione successiva

La generazione successiva è stata quella degli “studiosi”

“La scuola è importante, ci devi andare, pensa a studiare!”

In questa generazione, come nella precedente, ci sono stati studenti che ottenevano scarsi risultati.

Venivano chiamati asini, svogliati, pigri e incapaci, ma a scuola dovevano andarci nonostante tutto e subire vessazioni sia a scuola che a casa.

La generazione attuale invece vive nel pieno bum dei disturbi specifici di apprendimento, quasi fosse una moda le diagnosi fioccano alla velocità della luce.

É stata istituita la legge 170 a tutela dei DSA, sono stati applicati dei piani didattici personalizzati e dei metodi compensativi e dispensativi.

Il problema non è risolto in quanto ci sono numerose situazioni spiacevoli in cui il DSA non viene riconosciuto dagli insegnanti.

In altri casi pur essendo riconosciuto, non viene trattato come dovrebbe attraverso l’applicazione del PDP.

La dislessia e i disturbi di apprendimento sono sempre esistiti.

É cambiato solo il modo di affrontare il problema.

Vi assicuro che la situazione avrà ancora nuovi sviluppi, non ci fermeremo certo alle diagnosi!

Per fortuna siamo esseri umani in gradi si evolverci … spero non in negativo.

Esprimi il tuo parere nei commenti.

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Hanno detto che mio figlio è malato

Quando dico che mio figlio ha una diagnosi di DSA, cosa penseranno di lui?

Durante una delle mie dirette, parlavamo di dislessia e di disturbi di apprendimento, un argomento che mi sta molto a cuore, non solo perché mi riguarda di persona, ma perché riguarda migliaia di bambini a scuola.

Una mamma esordisce con questa frase:

“Benny, un’insegnante ha detto che mio figlio è malato! ti rendi conto? siamo nel 2018 e c’è ancora tanta ignoranza!”

La mia prima risposta di stomaco è stata:

“Beh non mi sorprende affatto!”

Per una persona che non sa nulla sulla dislessia e i disturbi di apprendimento, è normale pensare che una diagnosi equivale ad una malattia.

Infatti se andiamo sul vocabolario troviamo:

Diagnosi: In medicina, la determinazione della natura o della sede di una malattia in base alla valutazione dei sintomi.

Nel caso specifico, la situazione è molto grave.

Un’insegnante che oggi non sa cosa sia la dislessia e i disturbi di apprendimento rischia la denuncia. Oggi esiste la legge 170 a tutela di questi bambini.

Se l’insegnante conoscesse la legge, saprebbe che non si tratta di una malattia.

Nei manuali il Disturbo Specifico di Apprendimento, viene definito come “neurodiversità” cioè un modo diverso del cervello di reagire alla lettura rispetto alla media della popolazione.

Non mi dilungherò molto sull’argomento scuola e insegnanti, ne parlo già abbondantemente.

Vorrei portare la riflessione fuori dalla scuola.

Pensate ad una situazione del genere:

Una mamma incontra un’altra mamma e mentre parlano dei propri figli viene fuori che il figlio di una delle due ha una diagnosi di dislessia.

Come spesso accade l’altra mamma cadrà dalle nuvole, al massimo dirà “ah si! ne ho sentito parlare…”

Cosa volete che pensi una persona che sente, “mio figli ha una diagnosi di dislessia?”

Beh. la prima cosa che penserei se non conoscessi il tema, sarebbe che il bambino ha una malattia: diagnosi = malattia.

A parte il mondo scolastico, non credo che sia nell’interesse di tutta la popolazione conoscere cosa sia la dislessia e i disturbi di apprendimento!

Un problema che riguarda solo il 5% della popolazione.

Oggi è importante sapere tutto su Chiara Ferragni, Su Fedez, sull’isola dei famosi.

Ma vi assicuro che pochi si prendono la briga di informarsi su un tema che porta delle contraddizioni. In primis: affibiare una diagnosi ad un bambino intelligente e sano.

Quindi cosa stiamo combinando?

Un bel pasticcio!

la scuola che usa metodi di apprendimento restrittivi ed antiquati, basati sulla letto-scrittura.

Questi metodi didattici escludono dall’apprendimento tanti bambini che hanno delle caratteristiche cognitive differenti. 

Il primo obiettivo è cambiare la scuola!

Fare una bella diagnosi alla scuola per scoprire che soffre di demenza senile.

Articolo scritto da Benny Fera, psicologo dislessico e autore del libro “il bambino dimenticato”

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Mi occupo dei diritti dei bambini

Quando i diritti dei bambini verranno rispettati, scompariranno le diagnosi e le etichette.

Non mi occupo di scuola

Non mi occupo di DSA

Mi occupo dei diritti dei bambini.

Questo blog è nato nel 2015 con l’intendo di sensibilizzare al disagio scolastico.

In particolare a quel disagio scolastico sofferto da alcuni bambini con disturbi specifici di apprendimento.

Ma non è solo questo che faccio

L’obiettivo di questo blog e la mia missione di vita è restituire i diritti ai bambini.

Diritto dei bambini ad essere ascoltati

Oggi i bambini a scuola vengono trattati come numeri, non vengono ascoltati e per di più devono eseguire compiti che l’adulto impone dell’alto.

I bambini hanno i loro desideri, le loro passioni ed hanno il diritto di essere ascoltati.

Hanno il diritto di perseguire i loro sogni perché è proprio questo il senso della vita: la realizzazione di sé.

Diritto dei bambini al gioco

Per natura i bambini apprendono attraverso il gioco.

L’età dello sviluppo è il momento più creativo nella crescita di un individuo.

oggi teniamo i bambini chiusi in classe a leggere, scrivere, far di conto e imparare a memoria in maniera passiva.

La creatività è libertà di espressione

Diritto del bambino alla libertà

Per alcuni bambini è una vera sofferenza stare 6 ore chiuso in classe.

Per loro non c’è scampo, la scuola è un passaggio obbligato, stare chiusi in classe è la norma!

Siamo nel 2018 è nulla cambia da 100 anni.

Voglio che sia chiaro che questo blog nasce per un valore che va oltre le diagnosi, il PDP, mezzi compensativi e dispensativi.

Queste cose mi fanno venire l’orticaria!

Io combatto per dei valori più grandi!

Combatto per i diritti dei bambini che oggi non vengono ascoltati!

Nel momento in cui i diritti dei bambini verranno rispettati, scompariranno le diagnosi e tutti questi finti “disturbi”!

Se anche tu credi in questi valori condividi questo articolo.

Articolo scritto da Benny Fera
Psicologo e autore de “il bambino dimenticato”

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Vai alla lavagna

La testimonianza di una ragazza dislessica

Ogni sabato una testimonianza, iscriviti al blog per restare aggiornato!

Ho 18 anni e sono fiera di essere DSA peccato che probabilmente il 70% degli insegnanti non sanno come comportarsi con una persona con questa caratteristica.

Potrei raccontare decine di “aneddoti” su professori che non sanno cosa fare con un DSA, per ora mi limito a raccontarne uno che probabilmente e il più significativo e che racchiude il senso di tutti gli altri:

Prime settimana del 3° superiore, nuova docente di latino!

Arrivata in classe e chiede di declinare 10 parole. Declino 6 delle parole date, mentre gli altri avevano già finito, la prof si avvicina, guarda il mio quaderno e dice:

ma non hai ancora finito?! Sei troppo lenta, vai alla lavagna e finiamo tutti insieme”

Mi alzo e vado alla lavagna, inizio a scrivere e sento la prof  “ma come scrivi male sembrano dei geroglifici, scrivi come l’uomo delle caverne“.

Tutta la classe ride!

Mi giro in lacrime e le dico di essere dislessica!

Lei mi risponde “non so cosa sia ma mi informerò” (non lo ha mai fatto)

Ho la certificazione dalla terza elementare…

Mi sono sentita così male quel giorno che probabilmente non lo dimenticherò mai, non lo auguro a nessuno provare quel dispiacere e sentirsi deriso per una cosa che non puoi cambiare… 

Adoro le persone come Shamira, di una sincerità e sensibilità uniche.

Mi riconosco molto in lei e ricordo ancora il terrore che provavo in classe per la paura di essere interrogato.

Una sensazione che senti per tutto il corpo e che ti provoca stress continuo come nell’esperimento del topo di Laborit.

La prof. di latino, a differenza di Shamira, si mostra essere poco sensibile, infatti non solo la schernisce davanti a tutta la classe, ma ignora anche il significato del termine dislessia.

Non conoscere ancora oggi la dislessia e i disturbi di apprendimento vuol dire per un’insegnante lavorare fuori dalla legalità.

Non conoscere la dislessia vuol dire non conoscere la legge 170 sulla tutela dei DSA.

Come si sa, la legge non ammette ignoranti!

Grazie A Shamira!

Se ti è piaciuto l’articolo condividilo, l’informazione e sensibilizzazione sull’argomento sono essenziali.

Scrivimi per condividere la tua storia con i DSA.