Siamo quasi approdati nel 2020 e l’unica istituzione che si evolve troppo lentamente è la scuola.
La domanda di oggi è: “ha senso tenere i bambini in classe ad ingurgitare nozioni, quando la fuori il mondo corre alla velocità della luce?”
“esattamente a cosa stiamo preparando i bambini?”
L’approccio scolastico ha proprio l’aria di caserma, dove le regole e le nozioni imposte dall’alto la fanno da padrone.
Cose come “fare l’appello” “scrivere alla lavagna” “fare il dettato” suonano tanto come modello del lavoratore in fabbrica.
Il problema è che il periodo dell’industrializzazione è finito da un pezzo e di queste mansioni non ne abbiamo più bisogno.
Un tempo i bambini venivano formati al meglio in un periodo in cui l’industrializzazione prendeva piede e bisognava avere una “formazione di base” che ti consentiva di accedere al lavoro.
Ma oggi è ancora cosi?
Mi farei qualche domanda…
Davvero abbiamo bisogno di libri e quaderni zeppi di nozioni per dare la possibilità al bambino che cresce nella società odierna di trovare una sistemazione nel futuro?
Questo è quanto mai lontano dalla realtà
In un mondo che …
- Le informazioni le trovi ovunque su internet e puoi scegliere quelle che ti interessano.
- La tecnologia continua ad avanzare mentre a scuola siamo ancora con mezzi obsoleti
- Il tipo di educazione scolastica insegna all’obbedienza e il rispetto della figura adulta, reprimendo il senso critico e l’autonomia
- Il lavoro di oggi non richiede “solo teoria”, ma sopratutto pratica e autonomia
- Il lavoro di oggi richiede “specialisti” in ogni settore, e non una preparazione generica.
è un paradosso che un bambino si senta a disagio a scuola
Se non a disagio, quantomeno annoiato e insoddisfatto del fatto che non sta aggiungendo nulla alla sua crescita personale.
Lo testimonia il fatto che quando chiedo agli studenti “a quanti di voi piace la scuola?”
Di solito alza la mano circa il 5% del totale.
Un duro colpo per il mondo degli adulti che riconosce questa incombenza, ma si trova a fare i conti con una scuola povera, priva di risorse.
E i pochi eroi cercano di fare il possibile per rendere la classe un posto interessante, vivibile e sopratutto umano.
Benny Fera
Psicologo dislessico e Autore
Servizio di formazione e sensibilizzazione DSA
Il bambino dimenticato
Come viviere da dislessico
La scuola dei miei sogni
Dislessia: quale scuola?
Ti ho lasciato un bacio in stazione
Benny fuori classe
sono una donna di 57 anni che ha scoperto la sua dislessia solo portando il proprio figlio (oggi 29 enne ) di terza media per la diagnosi di tale “disturbo dell’apprendimento “. Il caso ha voluto che venisse fatta in un contesto eccezionale e accompagnata per tutti i 3 giorni da un altrettanto eccezionale e appassionata psicologa. In entrambi i casi una diagnosi arrivata davvero tanto tardi e quando purtroppo tutti i danni più importanti ormai erano avvenuti. A mio avviso, il più grave, quello del rapporto tra me e mio figlio che ha creato nel tempo una frattura davvero incolmabile, direi che ha lasciato un vero “buco nero”. Un esistenza difficile, un percorso di vita pieno di errori, un dolore nell’animo più forte di qualsiasi altro disagio. A fare la differenza con qualsiasi altro trauma si possa vivere (assicuro che ne abbiamo accumulati da poterci scrivere un libro) è alla base un quoziente intellettivo probabilmente più alto della media. Non so se forse perché donna (intendo cio’ come una ricchezza di quelle risorse naturali insite nel DNA femminile) sono stata capace di “compensare” in qualche modo, ma soprattutto anche tanta fortuna, i miei limiti scolastici aumentando in modo esplosivo altre capacità (empatia, strategie, capacità dialettica, simpatia, ecc). Sono così passata da bambina incapace, maleducata, verbalmente aggressiva e non ricordo quanto altro ancora, fino alla terza elementare , a”studentessa di vivace intelligenza, dotata di capacità straordinarie”.. questo il risultato del diploma di maturità conseguito a 19 anni appena compiuti, (quindi mai perso 1 solo anno) avendo un figlio di 3 anni e soprattutto come ragioniera! Specificando che tale indirizzo non fu una scelta ma un ripiego infelice. Per giuste o meno ragioni i miei genitori impedirono qualsiasi indirizzo artistico (promettendo che conseguito un diploma avrei potuto intraprendere qualsiasi corso di questo tipo.. ovviamente ignari di ciò che la vita mi avrebbe preservato dopo) ed io senza sapere il perché fuggivo terrorizzata da quei libroni che vedevo sulla scrivania di mia sorella che frequentava il liceo classico. La sola idea di affrontare poi la grammatica italiana mi bloccava sulla scelta di qualsiasi altro indirizzo scolastico che prevedesse il latino. Per mio figlio (il più piccolo dei miei 3) il disagio nei confronti della scuola, manifestatosi anche per lui nelle forme della ribellione, aggressività verbale, incapacità a raggiungere con facilità qualsiasi obiettivo, si è protratto a lungo.. sempre. L’errato pensiero (molto forte in famiglia e suggerito anche dai nonni) che prima o poi si sarebbe “sbloccato” insieme all’ignoranza totale di insegnanti , ormai invece preparati a cogliere negli alunni questi evidenti segnali di un “disturbo”, hanno creato un cerchio infernale di cui ancora oggi lui paga le conseguenze ed ancora di più ne paga il nostro patologico legame. Il tutto si riassume anche e soprattutto in una fragilità enorme ed una mancanza di autostima che però si accompagna per entrambi a capacità manuali straordinarie in ambiti completamente diversi ma che non sfocia e non è mai sfociata in un successo lavorativo. Pensare che se in Italia la normale scuola avesse avuto un protocollo montessoriano forse avremmo goduto in tanti di persone più sane, di piccole e grandi genialità in più per il nostro paese. Quindi seppur non condividendo proprio del tutto quanto esposto in questo articolo (qualsiasi filo va sempre tirato in un giusto equilibrio)ritengo che andrebbe esposto ovunque e sostenuto fortemente. A maggior ragione nella Scuola del nostro paese che non si regge ,in tutti i sensi , su solide basi ma su vetuste e traballanti fondamenta appesantita da carichi ormai oltre ogni limite. Quando il costo della ristrutturazione di un edificio supera quello di una costruzione nuova è opportuno abbattere la vecchia e rifare un edificio nuovo..magari rispettando giustamente il contesto storico, naturale e/o architettonico in cui dovrà sorgere. Perdonate lo sfogo e la scrittura da correggere!!
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Me lo sono domandata anche io…e sempre più penso che ci voglia un cambiamento radicale del metodo di insegnamento, della didattica e di come fare scuola per formare adulti più consapevoli e decisi del domani.
Escluderei le ripetizioni infinite carta su carta, le nozione ormai antiche, farei loro fare più laboratori perche’ divertendosi imparerebbero meglio e con passione, alle elementari inserirei le prime basi di ogni materia utile sempre in forma visiva e ludica e sperimentale insomma, più uscite e gite culturali,insomma….modelli americani? Almeno i bimbi avrebbero modo di coltivare le loro vere passioni scoprirne altre e quindi a fine studi sapere davvero cosa poter fare e divenire nella vita
Troppa rigidità non va bene, troppe ripetizioni neanche. Servirebbe coinvolgimento, passione e soprattutto capacità da parte di tt gli insegnanti di sperimentare nuovi metodi e di essere innovativi, geniali, coinvolgenti….
Eppure molti sottovalutano addirittura il loro lavoro, non riconoscono la responsabilità Educativa Scolastica, hanno loro stessi perso motivazione…e si sono arenati non capendo che così facendo arenano menti giovani prima ancora di poter provare a insegnare loro ..
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