Vogliamo la perfezione, ma la perfezione non esiste!
Ieri leggo una ricerca scientifica svolta a Bari sulla “prevenzione dei DSA”.
Un articolo che mi ha sinceramente messo molta tristezza.
Una domanda bussa alla mia porta: “cosa vogliamo dai bambini?”
Qual’è il senso di ottenere dei segnali preventivi di DSA già a 5 anni?
Il senso è ancora una volta quello di cercare di adattare i bambini alla scuola, senza che la scuola faccia un passo avanti.
Una volta ho visto un film di fantascienza, dove le coppie, prima di decidere se concepire un figlio, facevano una mappatura genetica per poter controllare che il figlio potesse nascere sano, con un’intelligenza alta, che non sviluppasse malattie nel corso della sua vita.
Insomma sembra fantascienza, ma non siamo molto lontani dalla realtà.
Pretendiamo dai bambini la perfezione quando in realtà la perfezione non esiste.
Arriveremo a fare prevenzione anche delle nascite ?
E per cosa?
Nel caso dei DSA, quasi mi fa sorridere il paradosso nel quale stiamo vivendo.
Sappiamo da anni ormai che i metodi scolastici sono obsoleti, a mala pena si adattano a 30 anni fa.
Oggi, nell’era della tecnologia, la scuola è completamente aliena.
Sappiamo bene che agli studenti la scuola non piace.
Parliamo di più dell’80%, ma pare che nessuno voglia accettare questa dura verità.
Si continua pedissequamente a seguire una strada senza uscita.
Se la mia casa non ha qualcosa che non funziona, non cambio gli inquilini, ma cerco di riparare la casa.
Se i DSA sono una caratteristica, perché cerchiamo di modificare il loro modo di essere ?
Chi lo dice che vanno potenziate le abilità in cui sono meno bravo?
Sarebbe più logico potenziare le abilità in cui sono già bravo, per diventare il migliore in quel campo, piuttosto che potenziare abilità in cui sono deficitario per diventare mediocre.
Lo dimostrano i risultati scolastici dei ragazzi con DSA.
Spesso i voti bassi dimostrano che per quanto si sforzino di dare il massimo, in rari casi riescono ad ottenere risultati eccellenti.
Per fare un esempio banale, se metto una persona con un fisico robusto e lento a correre i 100m in atletica, non avrà mai risultati eccellenti quanto un fisico esile e scattante , per quanto si possa allenare negli anni.
Magari sarebbe più utile che il fisico robusto e lento facesse il lancio del peso.
Siamo incastrati nell’ideologia scolastica dell’epoca, e andiamo avanti per inerzia.
Senza riflettere sul fatto che l’apprendimento non avviene soltanto la memorizzazione e la letto-scrittura.
Senza riflettere sul fatto che la competizione è inutile, perché ci fa diventare soli.
Senza riflettere sul fatto che i voti sono inutili, perché non valutano una persona in ciò in cui è bravo veramente.
Una società evoluta dovrebbe aiutare tutti noi a collaborare.
Una società evoluta dovrebbe aiutare ogni individuo ad eccellere nelle sue specifiche abilità.
Sono profondamente meravigliato che ancora oggi, nel mondo della ricerca, stiamo cercando una soluzione per come adattare i bambini a scuola e non invece a cercare un modo per far diventare la scuola un posto di crescita personale, e non di ansia e paura.
Come psicologo dislessico, mi sentivo in dovere di esprimere il mio pensiero su qualcosa che mi ha toccato profondamente.
la parola “prevenzione” che fa pensare ad un malattia da curare.
Sinceramente non mi sento un malato, mi sento una persona che ha dovuto fare un pò più fatica degli altri non per andare meglio a scuola, ma per scoprire il proprio ruolo nel mondo.
A livello etico oggi sento come principio imprescindibile, rendere ai giovani i loro diritti individuali, senza dover essere etichettati dal mondo scolastico con svariati acronimi.
Abbiamo bisogno di credere in noi stessi, e l’autostima passa attraverso la realizzazione personale.
Non è di certo un buon inizio sentirsi dire di avere un “disturbo”.
Personalmente quando ho riconosciuto le mie capacità, ben dopo la laurea, mi sono guardato indietro e ho provato rabbia pensando a tutto quello che mi avevano tolto.
Articolo scritto da Benny Fera
Psicologo e autore
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