Perché alcuni di noi Tendono ad Aiutare sempre gli altri e poco Se Stessi

Come molti di voi già sanno, ciò che mi ha portato a scrivere questo blog, è stata la volontà di sensibilizzare al “problema” dei Disturbi Specifici di Apprendimento e quindi delle Neurodiversità ad ampio spettro.

Sensibilizzare vuol dire far capire come funziona la Neurodiversità, e quindi come funziona il cervello dei dislessici sia a livello comportamentale che psicologico.

Lo faccio perché ho notato che l’aspetto pratico e scolastico dei metodi compensativi e dispensativi riservati agli studenti, sarà pur sufficiente ad aiutare gli studenti in classe, ma poco si dice sugli aspetti psicologici che intralciano la vita di queste persone.

A Più riprese, in questo blog, mi avete sentito argomentare sui problemi che possono essere associati ai DSA, come la difficoltà a relazionarsi con gli altri, l’alta sensibilità, la facile distraibilità, l’iperattività, che appunto sono aspetti associati all’ADHD e Sindrome di Asperger che spesso vanno in comorbilità con i DSA.

Oggi voglio parlarvi di un aspetto ben noto a chi è dislessico, ma poco noto agli altri, e cioè la tendenza naturale a mettersi nei panni degli altri.

Questa tendenza ha sicuramente degli aspetti positivi, come ad esempio saper capire ed ascoltare il prossimo, saper essere di aiuto nei momenti di difficoltà.

Ma spesso questa tendenza diventa una trappola perché ha come risvolto negativa quello di “accontentare sempre gli altri” e mai se stessi.

Questo succede verso le persone a cui vogliamo bene.

Ad esempio i figli che pur di accontentare i genitori scelgono un percorso di studio poco adatto a loro.

O ancora persone che in coppia rivolgono tutta l’attenzione alla felicità del partner.

Queste tendenza sicuramente non riguarda proprio TUTTE le persone dislessiche, ma mi è capitato molto spesso di avere in terapia persone diangosticate con DSA, completamente scariche, che ormai non ce la fanno più a sopportare il peso dei problemi degli altri.

Insomma la tendenza è quella di capire e accontentare fino al punto in cui ci si rende conto che non si sta vivendo più la propria vita, ma si diventa il cuscino di tutte le persone che ci stanno intorno.

Questo cuscino lentamente di schiaccia e resta letteralmente senza aria, senza forze e senza energia.

Questa caratteristica ha sicuramente origine neurobiologiche che si sono sviluppate nell’evoluzione umana.

L’alta capacità di percepire gli altri e di sentire cosa provano fa parte dell’antica arte dei sensitivi e degli stregoni. Personaggi che avevano un ruolo preciso e fondamentale nelle tribù.

L’uomo ha sempre avuto bisogno di curare la sofferenza psicologica, quindi indubbiamente c’era anche bisogno di persone capaci a fare questo.

Queste caratteristiche neurobiologiche, che fanno appunto parte di una dote naturale dovuta alle funzioni cognitive dell’emisfero destro, diventano tipiche in questa neurodiversità.

Non ci sorprendiamo se ci troviamo privi della nostra vita “a causa” degli altri, fa parte del nostro prezioso bagaglio cognitivo.

È molto importante però sapersi regolare, sapere quando è giusto e quando meno dedicare una fetta della propria vita agli altri, perché il principio base è che spesso nulla ti torna indietro, e quindi, a meno che tu non sia uno Psicologo e ti pagano per dedicare il tuo tempo agli altri, se non pensi tu a te stessa, non ci pensa nessuno.

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Dr. Fera Benedetto
Psicologo

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