Niente scuola, niente disturbi!

Spesso mi trovo a dover affrontare il tema delle diagnosi sui disturbi di apprendimento.

C’è una divisione netta tra i genitori

Chi accetta la diagnosi come mezzo di supporto a scuola

Chi non accetta una diagnosi perché la ritiene un’etichetta orrenda

Chi dice che la diagnosi non serve a niente

Chi dice che la diagnosi è un modo per capire come approcciarsi a questi ragazzi con DSA

Mi ritrovo sempre a mettere il punto su un argomento, che va oltre la diagnosi, i disturbi di apprendimento e la scuola.

Il valore per cui mi batto è la dignità dell’essere umana e il diritto di essere se stessi!

La questione oggi tanto dibattuta del “sentirsi diversi”, deriva dal semplice fatto che i bambini e gli adoloscenti vengono costretti a confrontarsi.

Dove?

A scuola

Come?

Attraverso i voti, attraverso i giudizi!

In quale campo?

Nel campo delle lettere, numeri ed apprendimento mnemonico.

Questa forzatura non consente a tutti di riconoscersi nelle proprie capacità.

Purtroppo avviene esattamente il contrario.

Nei ragazzi etichettati dislessici, disortografici, discalculi, si instilla insistentemente un dubbio:

“perché io non riesco a fare le cose come tutti gli altri?”

Ma da dove viene questa domanda?

Questa domanda nasce da una didattica limitata alle lettere e ai numeri!

Sappiamo che questi ragazzi non sono bravissimi in questo campo, ma sono molto bravi nella creatività, tanto da essere definiti spesso molto intelligenti.

Il problema esistenziale di questi individui è che nella loro testa NON nasce una domanda ben più importante!

“in cosa sono bravo?”

“cosa so fare bene?”

Il contesto scolastico impedisce a questi brillanti giovani di scoprire se stessi.

Nella maggior parte dei casi gli viene affibbiata una diagnosi, vengono aiutati, e si sentono più adeguati in un contesto per loro non ideale.

Vi lancio una provocazione:

Cosa succederebbe in un mondo senza scuola?

Cosa succederebbe se questi individui fossero liberi di esprimere il loro potenziale?

Cosa succederebbe se invece di costringerli a leggere, scrivere e imparare a memoria, potessero esprimere la loro creatività?

Sarò un visionario, ma io vedo un mondo felice, dove ognuno può esprimere se stesso per quello che è senza etichette, disturbi e diagnosi.

Benny Fera
psicolgo e autore 

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