Formazione DSA per insegnanti nelle scuole di Bari e provincia.

Conoscere la Dislessia e i DSA in modo chiaro ed empatico è l’unico modo per sapere cosa fare in classe.

Siamo in un periodo un pò altalenante dovuto alla situazione Covid.

Ci sono molte incertezze sui nuovi contagi e l’attenzione è tutta spostata sul Virus.

L’unica cosa certa è che a scuola ogni giorno Insegnanti e Studenti si danno da fare per affrontare la didattica e quindi l’apprendimento.

Più passa il tempo e più mi accorgo che l’attenzione sul disagio degli studenti aumenta, questo chiaramente va a discapito sia degli studenti che spesso si beccano un’etichetta, sia degli insegnanti che spesso si sentono impreparati a gestire all’improvviso situazioni nuove.

Non è facile gestire una classe di 20/30 alunni, uno diverso dall’altro.

Tanto più la scienza con i suoi progressi, accresce l’attenzione sui potenziali disagi dei ragazzi.

Un pò per passione e un pò per missione, mi sono sempre dedicato ai bambini e ragazzi in difficoltà.

Da ex studente impacciato e fastidioso, oggi mi ritrovo dall’altra parte a cercare di spiegare nelle scuole cosa vuol dire essere “diversi” o per meglio dire “Neurodiversi”.

Ho dedicato gli ultimi 8 anni della mia vita a studiare e a formare insegnanti su un tema molto caldo come i Disturbi di Apprendimento, ed attualmente ho ampliato il ventaglio a tutte le Neurodiversità, che comprendono non solo i DSA, ma diversi altri disturbi.

Ho sempre viaggiato per tutta Italia, portando la mia testimonianza con il libro Il Bambino Dimenticato, e la mia formazione come Psicologo.

Ho sempre accettato gli inviti che mi sono stati fatti da tutte le città dello stivale.

Oggi voglio dare maggiore rilevanza al mio territorio e cercare di trovare degli accordi con le scuole di Bari e provincia per poter dare una formazione completa agli insegnanti cosi da non doversi più trovare impreparati davanti ad un studente in difficoltà.

Perché io e non altri professionisti…

Sono convinto che la conoscenza non debba essere slegato dalle emozioni.

Anzi, come psicologo posso confermare che apprendimento ed emozioni vanno a braccetto.

Qualcosa che hai visto e ascoltato con il cuore rimarrà nella testa per molto tempo.

Ho vissuto personalmente le difficoltà scolastiche legate ai DSA, più che altro le ho subite, perché solo a 30 anni ho scoperto di essere dislessico, e la scuola per me è stata davvero dura!

Il mio sogno è quello di poter aiutare tutti gli studenti che stanno soffrendo per la scuola, so che questo è impossibile, ma cercherò di fare del mio meglio.

Mi è successo spesso di ricevere complimenti dagli insegnanti che hanno ascoltato una mia formazione, perché da quel momento avevano capito qualcosa in più e da quel preciso istante avevano capito come comportarsi in classe con alcuni loro studenti.

Se sei un genitore e vivi a Bari o provincia, cerca di fare arrivare questo articolo al Dirigente Scolastico della scuola di tuo figlio.

Se sei un insegnante di Bari o provincia, segnala questo articolo al D.C. della scuola dove lavori.

Sarei felice di ricevere una mail da un Dirigente Scolastico, per prendere accordi su un mio intervento nella sua scuola.

Lascio qui sotto i miei contatti:

Dr. Fera Benedetto, Psicologo e Autore.
benedetto.fera@gmail.com
348 0019600

Dislessia e difficoltà visive, parliamo della Sindrome di Irlen e i suoi sintomi.

Probabilmente non hai mai sentito parlare della Sindrome Di Irlen, eppure da alcuni studi pare che possa influenzare le procedure legate alla lettura.

Andiamo con ordine, di cosa stiamo parlando?

È stato stabilito che la percezione visiva delle persone dislessiche è diversa da quella dei normali lettori (Jordan. 1972).

Irlen scoprì che una disfunzione percettiva visiva, può causare distorsioni del testo e dell’ambiente. Il problema non è l’elaborazione delle informazioni, ma l’incapacità di farle passare attraverso il canale visivo.

Queste persone sono sensibili a particolari lunghezze d’onda e frequenze dello spettro della luce bianca, che portano ad un rapido affaticamento dopo soli brevi periodi di lettura, dando cosi origine a disabilità di lettura, mal di testa e stress.

Irlen ha chiamato questi sintomi “sindrome della sensibilità scotoscopica” oggi nota come “sindrome di Irlen“.

La sindrome di Irlen si verifica in persone con disturbo dell’apprendimento (DSA), della lettura, disturbi dello spettro autistico e altri disturbi dello sviluppo.

Qui sotto includo una lista di sintomi da cui si può capire se si rientra nella casistica:

  • Sensibilità alla luce: difficoltà alla concentrazione o disagio con illuminazione fluorescente, luce solare intensa, abbagliamento o luci di notte.
  • Sensibilità al colore o al contrasto: problemi di contrasto elevato, come nero su bianco, colori brillanti, e pattern movimentati come strisce e pois.
  • Scarsa risoluzione del carattere scritto: difficoltà a leggere testi, numeri o note musicali. I problemi possono includere. lettere che si spostano, ballano, si sfocano, si raddoppiano, si agitano, scintillano, o scompaiono.
  • Campo di riconoscimento ristretto: impossibilità di leggere lettere, numeri, note musicali o parole in gruppo, o di vedere insieme gli oggetti nell’ambiente. Questo si traduce in problemi di tracciamento, nella corretta identificazione delle parole, o nella capacità di leggere velocemente.
  • Deficit di attenzione: problemi di concentrazione durante lo svolgimento di compiti, come leggere, scrivere, usare il computer, guardare e anche ascoltare.
  • Scarsa percezione della profondità: incapacità di giudicare le distanze o le relazioni spaziali che influenzano la coordinazione motoria fine e grossa. Può essere insicuro o avere difficoltà con scale mobili, scale, sport con la palla o la guida.
  • Stanchezza e affaticamento: i sintomi fisici sono variegati e comprendono fatica, stanchezza, mal di testa, agitazione, distraibilità e iperattività.

Spesso chi soffre della sindrome di Irlen non è consapevole del fatto che ciò che vede è anormale.

Chi si è sottoposto ad esami per la sindrome di Irlen ed ha ottenuto delle lenti di Irlen, ha potuto sperimentare quanto fosse grande la differenza rispetto a prima: potevano finalmente vedere il mondo in modo chiaro e completo.

In genere è l’Ortottista che si occupa di questa sindrome. A mio parere è meglio informarsi prima se il medico al quale vi rivolgete è a conoscenza di questo disturbo.

Dr. Fera Benedetto, Psicologo esperto DSA, autore e formatore.

10 Funzioni Esecutive fondamentali per uno studente … e per la vita!

Scopri le abilità fondamentali necessarie per portare a termine obiettivi scolastici e di vita.

Se sei un genitore di un ragazzo con DSA, probabilmente avrai già sentito parlare di Funzioni esecutive.

Ma di cosa si tratta?

Le Funzioni Esecutive comprendono le abilità legate all’autoregolazione o al riuscire a monitorare, valutare e cambiare i propri comportamenti avendo in mente un obiettivo.

Per fare giusto qualche esempio: un ragazzo che non riesce ad organizzare lo studio, o nemmeno ad iniziare a studiare, o che è disordinato, molto probabilmente avrà delle difficoltà nelle funzioni esecutive.

Queste difficoltà si ripercuotono non solo sul mondo della studio, ma anche nelle azioni della vita quotidiana come: essere puntuale, organizzare i tempi della giornata, seguire le regole di un gioco, e tutto questo può ripercuotersi anche nella vita da adulto.

La buona notizia è che queste abilità si possono imparare…

Adesso andiamo a vedere una per una le abilità più importanti che bisognerebbe migliorare quando sono deficitarie:

1. Capacità di avvio di un’attività

L’avvio delle attività rappresenta l’energia di attivazione che serve per interrompere ciò che si sta facendo e iniziare a fare qualcos’altro. I bambini e adolescenti con difficoltà nelle funzioni esecutive spesso fanno fatica a interrompere un’attività preferita per farne un’altra che in genere non gradiscono altrettanto.

Potrebbe non iniziare mai a svolgere i suoi incarichi se non glielo si dice un sacco di volte o non lo si sgrida, rischia di diventare un procrastinatore cronico, di quelli che perdono molto sonno perché devono restare svegli a finire cose che avrebbero dovuto iniziare ore prima.

Rispondi a queste domande:

  • In passato, vostro figlio ha sempre fatto fatica a iniziare le attività in modo autonomo?
  • Vostro figlio dice spesso cose come: «Non so da dove iniziare»?
  • Vostro figlio ha spesso bisogno di incitamenti e del vostro intervento per iniziare a fare qualcosa?
  • Vostro figlio fa fatica a interrompere ciò che sta facendo per iniziare qualcosa di nuovo?
  • Direste che è un «procrastinatore»?
  • Si lamenta spesso e cerca di rimandare quando gli si chiede di svolgere un’attività che non ama particolarmente?

Almeno 3 risposte positive, confermano una difficoltà.

2. Inibizione delle reazioni istintuali

Inibire le reazioni significa trattenersi dal compiere azioni impulsive, con l’idea di raggiungere un obiettivo. Spesso i bambini hanno grandi difficoltà a ritardare la gratificazione, perché il loro orizzonte temporale è molto breve: tendono a pensare solo al «qui e ora».

se più di 3 delle affermazioni che seguono sono presenti si può pensare ad una difficoltà per la quale vanno presi provvedimenti:

  • Mio figlio ha sempre agito impulsivamente, fin da quando era molto piccolo.
  • Mio figlio tende ad «agire prima di pensare» e fa sempre la prima cosa che gli passa per la testa.
  • Ha molte difficoltà a ragionare in maniera ipotetica e a comportarsi di conseguenza (ad esempio: «Se finisco i compiti adesso, poi posso andare a giocare»).
  • Devo ricordargli costantemente di spegnere gli apparecchi elettronici (telefoni, computer, tablet, TV) quando è il momento di fare i compiti.
  • Fa fatica a pensare alle conseguenze dei suoi comportamenti.
  • È impulsivo nei lavori scolastici e domestici e commette errori di disattenzione.

3. Concentrazione

Concentrarsi significa indirizzare l’attenzione sull’attività da svolgere e mantenere questo livello di attenzione finché l’attività non è completata, senza lasciarsi attirare dalle distrazioni.

Alcuni ragazzi cedono alle distrazioni interne, e passano il tempo a fantasticare o pensare ad altre cose. Altri sono attratti dalle distrazioni esterne, e indirizzeranno l’attenzione verso qualsiasi elemento dell’ambiente: rumori, persone, oggetti… di tutto.

Spesso i ragazzi con problemi di concentrazione hanno anche problemi di autostima. Ciò è dovuto al fatto che si sentono correggere in continuazione (ad esempio: «Stai attento!», «Ti sei dimenticato questa parte!», «Che cosa ho appena detto?»). Anche se i commenti sono neutri o costruttivi, si tratta sempre di qualcuno che dice loro che non stanno facendo bene le cose. Controbilanciate la situazione offrendo anche commenti positivi (ad esempio: «Sei stato bravo a ricontrollare l’esercizio!», «Bravo, hai seguito bene le mie istruzioni!»).

Di seguito, delle domande di verifica:

  • Avete l’impressione che vostro figlio non vi ascolti quando gli date delle istruzioni?
  • Ha difficoltà a dedicarsi a un’unica attività fino alla fine, specialmente se richiede pazienza e concentrazione?
  • Vi accorgete che presta attenzione a ogni rumore mentre fa i compiti?
  • Ha la tendenza ad andare fuori tema durante le conversazioni?
  • Si lamenta del fatto che concentrarsi è difficile?
  • I suoi insegnanti vi dicono che non riesce a stare concentrato in classe?

4. Gestione del tempo

I bambini e adolescenti con problemi di gestione del tempo in genere sono sempre in ritardo, non si rendono conto di quanto tempo passa, sopravvalutano ciò che possono fare in un certo lasso di tempo o fanno tutto di fretta e male pur di terminare.

Di seguito alcune domande utili di verifica:

  • Vostro figlio perde spesso la nozione di che ore sono?
  • Sottovaluta il tempo che occorre per completare una certa attività?
  • Si pone obiettivi irrealistici su ciò che può riuscire a fare in un certo lasso di tempo?
  • Se voi non ricordaste a vostro figlio gli appuntamenti o le attività programmate, lui se le dimenticherebbe?
  • Si lamenta di non riuscire a terminare a scuola le verifiche entro il tempo stabilito?
  • Sembra non rendersi conto del tempo che passa?

5. Memoria di lavoro

La memoria di lavoro è il processo con cui tratteniamo in mente informazioni per un tempo sufficiente a utilizzarle (ricordarle, elaborarle e utilizzarle per un’azione).

«crash». La memoria di lavoro è particolarmente importante per l’apprendimento: occorre saper ricordare a breve termine ciò che viene detto per poterlo imparare a lungo termine.

Potrebbero apparire esteriormente sbadati e «perdere il filo» di ciò che stanno facendo a metà di un’attività.

Affermazioni utili di verifica:

  • Mio figlio ha difficoltà a seguire le istruzioni se c’è più di un passaggio.
  • Spesso deve rileggere ciò che ha appena letto per capirlo.
  • Deve scrivere tutte le cose da ricordare (ad esempio i compiti), altrimenti se ne dimentica.
  • Fa fatica a svolgere i calcoli a mente.
  • Ha difficoltà a compiere più di un’attività alla volta.

6. Flessibilità

È il processo di riuscire a modificare le proprie idee e i propri programmi quando cambiano le condizioni. I ragazzi con difficoltà di flessibilità mentale (indicata a volte come flessibilità cognitiva) spesso si bloccano per cercare di risolvere un problema in un unico modo o si «fissano» su una strategia inefficiente.

A scuola i bambini con difficoltà di flessibilità cognitiva tendono a imparare a memoria, in modo meccanico.

La flessibilità è indispensabile per adattarsi alle situazioni sociali che cambiano. Specialmente quando i bambini diventano più grandi, le regole «non scritte» sono sempre più numerose.

Di seguito alcune affermazioni di verifica:

  • Mio figlio si blocca cercando di risolvere un problema in un unico modo.
  • A volte insiste che il suo modo di svolgere i compiti è il migliore, anche se in realtà è una strategia inefficace.
  • Nell’affrontare i problemi pensa in «bianco e nero», senza tenere conto delle sfumature di grigio.
  • Fa fatica ad adattarsi a nuove situazioni sociali e a comprendere le regole sociali non scritte.
  • A volte sembra adottare una mentalità del tipo «O si fa come dico io o niente» quando interagisce con gli altri bambini.

7. Autoregolazione

L’autoregolazione consiste nel riuscire a riflettere sulle proprie azioni e comportamenti o se occorre modificarli per raggiungere un obiettivo.

Prendiamo ad esempio il processo necessario a svolgere un problema di matematica. Un bambino con deficit di autoregolazione potrebbe leggere il testo del problema e provare subito a usare i numeri che vede nel problema con una somma o sottrazione, senza rifletterci molto. Un bambino con buona autoregolazione leggerebbe il problema più di una volta, farebbe un disegno della situazione, cercherebbe le parole chiave che danno indizi sull’operazione da usare, svolgerebbe i calcoli e poi si domanderebbe: «La mia risposta ha senso?».

Uno studente con scarse abilità di autoregolazione potrebbe non avere un’immagine mentale di come si studia. Potrebbe dare un’occhiata ai problemi la sera prima e non essere consapevole di averli capiti o meno, e dunque non svolgerebbe i passaggi per assicurarsi di aver capito.

Di seguito una lista di comportamenti da monitorare:

  • Non mi pare che mio figlio si ponga degli obiettivi riguardo al lavoro scolastico.
  • Non sempre si rende conto di non aver capito un’attività scolastica.
  • Non sembra conoscere i suoi punti forti e i suoi punti deboli nello studio.
  • Raramente si organizza con un piano per studiare per una verifica o per svolgere un progetto a lungo termine.
  • Fa spesso errori nei compiti ma sembra che non se ne accorga.
  • Non chiede aiuto per i compiti anche se dovrebbe.

8.Autocontrollo emotivo

L’autocontrollo emotivo è il processo con cui una persona gestisce le proprie emozioni e riflette sui propri sentimenti per evitare di cedere a comportamenti impulsivi.

Le abilità richieste per l’autocontrollo emotivo includono la consapevolezza dei sentimenti, l’uso di etichette verbali per i sentimenti (ad esempio triste, frustrato, irritato, ansioso) e il controllo delle reazioni alle situazioni per evitare di agire impulsivamente.

Quando i bambini hanno difficoltà a controllare le proprie emozioni, spesso adottano comportamenti negativi, come gesti violenti, parole maleducate o inappropriate dette di impulso o altre forme di aggressività.

Non tutti i ragazzi si sfogano all’esterno, quando le emozioni hanno la meglio su di loro: alcuni si chiudono e si tengono dentro pensieri ansiosi o tristi, e fanno molta fatica a liberarsi dei sentimenti dolorosi.

a scuola ci si aspetta che gli studenti sappiano gestire la frustrazione verso le attività scolastiche, siano in grado di collaborare e risolvere i conflitti con i compagni in modo che l’apprendimento non ne risenta, sappiano rispondere alle tante aspettative riposte in loro senza chiudersi né reagire male.

Di seguito alcuni indizi che possono far pensare ad un problema in questa abilità:

  • Descriverei mio figlio come una persona altamente emotiva.
  • Il suo umore cambia molto rapidamente.
  • È sempre stato difficile calmarlo quando è agitato.
  • Trova subito punti di disaccordo o pretesti di litigio con adulti e compagni.
  • Quando viene corretto, ha forti reazioni emotive.
  • Il suo comportamento è fuori controllo.
  • Ogni tanto è giù di corda e fa fatica a tirarsi su di morale.

9. Completamento delle attività

Il completamento delle attività è il processo che permette di mantenere i livelli di attenzione ed energia fino al termine di un’attività. Le difficoltà nel completare gli incarichi si possono presentare sia a casa che a scuola.

svolta. Bambini e adolescenti con difficoltà nelle funzioni esecutive hanno spesso problemi a portare a termine attività, progetti e hobby, non solo quelli sgraditi.

Uno degli ambiti principali in cui potreste notare queste difficoltà è quello dei compiti.

Per terminare i compiti, un ragazzo deve essere interiormente disposto a «non mollare fino alla fine». Alcune persone sviluppano questo tipo di persistenza molto lentamente.

Le ragioni per cui molti studenti non fanno i compiti fino alla fine sono complesse: spesso non si tratta di un semplice problema di motivazione. A volte non capiscono cosa devono fare o vedono troppe informazioni e non sanno da dove partire. A volte riescono a iniziare ma poi si bloccano e hanno un rifiuto per l’attività.

Spesso esprimono rifiuto e avversione per attività che in realtà sono troppo difficili, ma non sono disposti ad ammetterlo o non vogliono farsi aiutare.

Anche nella situazione opposta, quando le attività sono troppo facili, potrebbero non completarle perché le trovano noiose.

Di seguito alcuni indizi da tener presente:

  • Quando fa i lavori domestici «ha la testa da un’altra parte», quindi li esegue solo parzialmente o ci mette molto tempo.
  • Ha bisogno di molti incitamenti e richiami per svolgere i compiti fino alla fine.
  • Se non mi siedo al suo fianco mentre fa i compiti, non li finisce.
  • Sembra applicarsi solo nelle cose che gli piace fare.
  • Spesso gli insegnanti mi dicono che non porta a termine le esercitazioni in classe.
  • Quando fa i compiti ha un atteggiamento rinunciatario.
  • Non termina attività o progetti, neppure quando sono divertenti.

10. Organizzazione

L’organizzazione è il processo che permette di ritrovare le proprie cose e averne cura (oggetti personali, materiale scolastico) e mantenere in ordine il proprio spazio personale.

I ragazzi con difficoltà nelle funzioni esecutive hanno spesso problemi di organizzazione. Generalmente le loro stanze sono disordinate, i loro zaini sono pieni di fogli accartocciati, i banchi sembrano bazar, i quaderni disorganizzati… e perdono continuamente qualche cosa.

A volte è utile, a breve termine, che gli adulti intervengano a mettere ordine al posto dei ragazzi, che però in questo modo non imparano davvero le capacità necessarie per essere autosufficienti nell’organizzazione.

Di seguito un elenco per valutare le qualità organizzative di tuo figlio:

  • Mio figlio porta il disordine ovunque vada.
  • Perde continuamente le sue cose: giacche, merende, compiti, libri e documenti importanti.
  • Sembra che non sappia dove mettere le cose, anche se glielo spiego.
  • I suoi quaderni non sono organizzati per materia, ma ci si trovano fogli e schede di tutte le materie in ordine casuale, senza una logica.
  • Spesso dimentica a casa libri, quaderni o altro materiale scolastico.
  • Mi contatta spesso da scuola per chiedergli di portargli qualcosa che ha dimenticato.
  • La sua scrivania è disordinata e disorganizzata.

Prima di tutto complimenti di essere arrivata in fondo a questo articolo, come hai potuto notare ci sono un bel pò di caratteristiche che andrebbero monitorare.

La prima cosa da tenere a mente è che non è sempre colpa di vostro figlio e dei comportamenti che assume, perchè come avete visto alcune difficoltà in questi ambiti delle funzioni esecutive sono davvero limitanti e se non vengono capite possono essere origine di continue litigate con conseguenze gravi sui rapporti famigliare e sulla salute psicologica di vostro figlio.

Secondo elemento molto importante da sapere è che queste abilità possono essere apprese!

Ci sono delle vere e proprie strategie che possono essere messe in pratica con l’aiuto di un professionista.

Se senti di aver bisogno di una mano per la situazione di quo figlio, non esitare a contattarmi con un messaggio whatsapp al numero 3480019600 ti spiegherò come funziona e ti fornirò tutte le info di cui hai bisogno.

Dr. Fera Benedetto, Psicologo esperto DSA e relazioni familiari; Autore Amazon; Formatore scolastico.

Oltre la Dislessia c’è un mondo che è necessario conoscere

Non basta aiutare i bambini a leggere e a scrivere, bisogna andare oltre i DSA per capire la causa di alcuni loro comportamenti.

Ho iniziato a studiare i Disturbi di Apprendimento nel 2013, anno in cui ho scoperto io stesso di essere dislessico.

Da quel momento ho capito tante cose

Prima di tutto che non era colpa mia del cattivo rendimento scolastico e della cattiva condotta, ho scoperto solo dopo, e troppo tardi, che le mie difficoltà erano dovute a una diversità neurobiologica chiamata appunto DSA.

Ho iniziato a comprendere che infondo, nonostante l’impegno che ci mettessi sui banchi di scuola, i risultati erano sempre scarsi, e con il senno di poi, mi sono chiesto se davvero i metodi scolastici fossero adeguati al mio stile di apprendimento.

Si è sempre pensato che i bambini devono adattarsi all’apprendimento, per poi capire che in realtà ogni bambino ha il suo stile di apprendimento e che nella maggior parte dei casi si avvicina a quello della didattica scolastica.

Per me, come per molti altri studenti, con una memoria visiva e con uno stile di apprendimenti intuitivo, a discapito di una memoria di lavoro scarsa, non c’era spazio, il nostro destino è stato quello di essere etichettati come asini e buoni a nulla.

Oggi il numero delle etichette nelle scuole è aumentato a dismisura “DSA, BES, ADHD, ASD…” è un male o un bene? Sicuramente meglio di essere bollato come asino e buono a nulla!

Di sicuro meglio per proteggere lo studente da eventuali attacchi e forzature da parte degli insegnanti, compagni di classe e genitori.

Il fatto che la scienza progredisca nella ricerca e ci dia delle opportunità di migliorare, non dobbiamo vederlo come una minaccia, ma come un modo per fare meglio il nostro lavoro.

Ma cosa c’è oltre la Dislessia, cosa c’è oltre i Disturbi Specifici di Apprendimento?

Anche i comportamenti e il modo di percepire il mondo è diverso per una persona con DSA.

DSA = Neurodiversità !!

Quando parliamo di Neurodiversità apriamo un vasto e affascinante capitolo che va assolutamente preso in considerazione se non vogliamo rischiare di rovinare la vita di bambini, studenti e persone…

Sicuramente il Piano Didattico Personalizzato per gli studenti con Disturbo di Apprendimento è molto utile e li mette al pari degli altri negli apprenidimenti, ma non è solo di questo che l’individuo ha bisogno, ha bisogno anche di essere capito!

Capito in cosa?

In qualcosa che spesso non si vede e che nemmeno loro riescono a riconoscere.

Il modo di percepire il mondo è diverso!

Partiamo dai 7 sensi: Vista; Udito; Olfatto; Tatto; Gusto; Vestibolare; Proprioccettivo.

Queste persone possono avere alcuni di questi sensi che funzionano diversamente del normale.

La scienza ha trovato che in ogni individuo c’è una miscela diversa di ipo e iper sensibilità nei diversi sensi.

Facciamo un esempio:

Matteo in classe è distratto, e sembra perso nel nulla, anche se viene richiamato, sembra non sentire!

Cosa è successo a Matteo?

Matteo è ipersensibile a livello uditivo e la confusione della classe dopo un pò di tempo sovraccarica il suo sistema cognitivo che automaticamente esclude tutti i sensi per proteggerlo dal dolore.

Si, Matteo prova una sofferenza interiore quando sottoposto a diversi stimoli uditivi, anche se lui si sforza di metterli sullo sfondo, per il suo cervello sono tutti importanti, e quindi cerca di elaborarli andando in sovraccarico.

Strano vero? ma di esempi così ve ne potrei fare migliaia, in base alla combinazione dei sensi ipersensibili del singolo individuo.

E voi stessi, se avete un figlio o uno studente con DSA, potete notare qualcosa di “strano” nel loro modo di comportarsi:

  • essere selettivo nella scelta dei cibi (ipergusto)
  • essere estremamente attento ai dettagli e non alla scena principale (ipervista)
  • essere attratto o repulsivo verso odori forti (ipo o iper olfatto)
  • essere sempre in movimento o troppo rigido (iper o ipo vestibolare)
  • lamentarsi per disturbi intestinali o cardiaci (iper interoccettivo)
  • Sbattere sempre ovunque essere maldestro (ipo proprioccettivo)

Tornando a Matteo…. cosa succede dopo?

Probabilmente l’insegnante, quando vede che non sente di essere chiamato, si avvicinerà a lui mettendosi nel suo campo visivo, ed è cosi che finalmente Matteo sembra svegliarsi dal sistema di protezione.

Adesso Matteo ha ripreso i sensi e dovrà di nuovo sottoporsi alla confusione della classe, questo lo porterà inevitabilmente ad avere delle reazioni che possono essere di rabbia, di pianto, di protezione, di oppositività, ed ecco che ci troviamo davanti al “bambino difficile”.

A livello emotivo, Matteo sarà distrutto, si sentirà strano, frustrato, triste, inutile, probabilmente si maledirà, oltre ad essere completamente esausto al termine delle ore scolastiche, e per di più non saprà nemmeno dare una spiegazione al suo disagio.

Come può pretendere Matteo di essere “capito” se gli altri non provare il suo iper udito?

Cosa si potrebbe fare praticamente per Matteo?

Ad esempio concedergli di uscire dalla classe 10 minuti ogni ora o al bisogno, per stare in una stanza tranquilla in modo da rigenerarsi, oppure ogni tanto poter usare delle cuffie per potersi isolare anche in classe.

Certo, potrebbe risultare “strano” e non semplice da applicare, o addirittura oggetto di discriminazione da parte dei compagni, ma questo non avverrebbe se nella classe c’è un’insegnante competente, che conosce la difficoltà, e sa spiegarla anche al resto della classe.

Infondo è questo il mio lavoro.

Mi occupo di formazione per insegnanti, su tutto il territorio nazionale.

È chiaro che questo articolo non basta per approfondire il tema della Neurodiversità, ma un corso in aula può dare gli giusti strumenti per guardare sotto un’occhio più “clinico” alcuni comportamenti dei bambini come la distrazione, la cattiva condotta, improvvise crisi di pianto, esplosioni di rabbia.

I servizi che offro in questo campo sono principalmente 3:

  1. Formazione e sensibilizzazione in aula al tema dei DSA, Neurodiversità e disagio scolastico composto da 3 moduli in base al tipo di fruitore: insegnanti; Studenti; Genitori.
  2. Supporto online per la famiglia nella gestione del comportamento di bambini con DSA a casa ove ci siano delle disfunzioni nella regolazione quotidiana.
  3. Supporto online per adulti che si scoprono DSA, con difficoltà nella regolazione della vita quotidiana e nella regolazione emotiva.

Per fissare una consulenza online, Contattami via Whatsapp al numero 3480019600 per avere maggiori dettagli riguardo allo svolgimento e ai costi.

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Dr. Fera Benedetto, Psicologo esperto DSA e Neurodiversità; Autore di 6 libri sul disagio di vita; Relatore e Formatore.

I vantaggi dei videogames sulla Dislessia

Nell’articolo precedente abbiamo parlato di Playstation e DSA: quanto possono giocare i ragazzi?, oggi vorrei invece descrivere alcuni vantaggi dei videogames come supporto ai Disturbi di Aprendimento.

La scienza ormai da tempo studia metodi per migliorare gli aspetti del DSA che sono deficitari nei ragazzi come la velocità di lettura, le abilità attentive e la memoria verbale a breve termine.

È stato dimostrato che l’esposizione a giochi d’azione, aumenta la velocità di lettura nei bambini dislessici.

Ricordo qualche anno fa, mi trovai per caso al museo Muse di Trento dove era stato allestito uno stand con delle piattaforme di gioco sviluppate apposta per i dislessici, Ne rimasi molto affascinato, assomigliavano ai giochi d’azione che si trovano in commercio, ma con un contesto di gioco più tranquillo e supportivo.

Quindi ci sono delle condizioni che devono essere rispettate:

  1. il contesto del gioco deve essere “sano” e non troppo attivante;
  2. solo aumentando il punteggio durante il gioco si ottengono dei benefici.

Ecco quindi che la Playstation e i Videogames in genere possono diventare degli strumenti utili nel trattamento della Dislessia.

Come dicevamo nel precedente articolo, non tutti i giochi sono adatti a questi ragazzi, sopratutto nei giochi dove è prevista una sfida con un’avversario, o dove il contesto di gioco è altamente attivante.

In generale i giochi d’azione focalizzano l’attenzione e consentono all’occhio di rimanere fisso su uno stimolo senza divagare nella visione periferica, come succede spesso nei casi di DSA.

A vantaggio dei videogames c’è anche lo scarico emotivo.

Come sappiamo spesso questi ragazzi accumulano tensione dal contesto circostante e usano la Playstation come mezzo per liberare la tensione e ritrovare un equilibrio interiore.

Chiaramente cerchiamo di tenere sempre sotto controllo i tempi di esposizione che devono essere concordati prima di iniziare a giocare.

Il controllo dei tempi è importante per due motivi:

  1. perché i videogames creano dipendenza;
  2. perché possono diventare anch’essi elemento di frustrazione.

Spesso i ragazzi non si rendono conto quando è “troppo” e si rischia di caricarsi di un nuovo stress da cui poi è difficile liberarsi.

In conclusione, se vostro figlio gioca tranquillo ai videogames senza mostrare segni di insofferenza, sicuramente può essere un modo di scaricare e migliorare allo stesso tempo le abilità attentive.

Se invece notate segni di insofferenza, frustrazione e alta attivazione, cercate di parlarne con lui nei momenti in cui è tranquillo, fargli notare la sua sofferenza e cercare insieme giochi più adatti e concordare i tempi di esposizione.

Dr. Fera Benedetto
Psicologo e Autore

Playstation e DSA: quanto possono giocare i ragazzi?

Immagino che questo titolo può essere molto utile per genitori che si affacciano su questo blog, ma non altrettanto conveniente per i loro figli, per quello che andrò a dire.

Senza dubbio la Playstation è parte della vita della maggior parte dei giovani dagli 8 anni in su, e questa è una realtà che la nostra società è costretta ad affrontare e con cui deve convivere.

A prescindere dalle regole che ogni famiglia ha scelto sui tempi e modalità di gioco alla Playstation, questo articolo è valido in generale, ma sopratutto per un certo tipo di giovani.

La Playstation è un gioco molto stimolante, per questo rientra tra le dipendenze da cui è difficile uscire, ma non è di questo che oggi parleremo.

Oggi parleremo dei livelli di eccitazione che si raggiungono giocando alla Play.

È chiaro che i livelli di eccitazione dipendono dal tipo di gioco: se ad esempio vostro figlio gioca a Fortnite, è molto probabile che i livelli di eccitazione siano molto alti, ma dipende …

Da cosa dipende?

Dipende molto dalle caratteristiche personali del ragazzo.

Ho visto miei amici giocare ininterrottamente a giochi che a me quasi facevano uscire il cuore dalla gola, tanto che non riuscivo a giocarci e preferivo guardare lui in azione.

Si, è vero, ci sono persone più sensibili di altre che sono altamente esposte al sovraccarico emotivo.

In questa pagina abbiano parlato spesso di Disturbo Specifico di Apprendimento, ma cosa c’entra con la Playstation?

Il DSA è associato alla Neurodiversità, se questo termine vi sembra strano, vuol dire che il cervello funziona e reagisce agli stimoli diversamente dalla maggior parte delle persone.

Alcune caratteristiche cognitive che possono aiutarci a capire la relazione con la Playstation sono: alta sensibilità; difficoltà ad accettare la sconfitta, bassa autostima.

Questi ragazzi reagiscono in modo più acuto rispetto agli altri, agli stimoli ad alta carica emotiva, questo li porta a conseguenze fisiologiche come aumento del battito cardiaco, ansia, sudorazione, che mettono a dura prova il sistema nervoso.

La difficoltà ad accettare la sconfitta e la bassa autostima, sono gli ingredienti che fanno esplodere la rabbia fino ad arrivare ad atti distruttivi.

È chiaro che questo non fa bene ai ragazzi e nemmeno alla famiglia per almeno due motivi.

  1. perché spesso questi ragazzi sfasciano letteralmente oggetti per scaricare la rabbia e questo può essere pericoloso.
  2. ancora più pericoloso è quando il sovraccarico emotivo viene scaricato verso chi gli sta intorno con parole aggressive, atti violenti, atteggiamenti oppositivi e provocatori.

È chiaro che questo attegiamento porta parecchi svantaggi nella vita del ragazzo che avrà bisogno di tempo per calmarsi, non riuscirà facilmente a staccarsi dalla Playstation, non riuscirà a svolgere i suoi impegni quotidiani e andrà spesso in conflitto con la famiglia.

Ma nessun male vien per nuocere, perché la Play ci può essere utile per allenare il ragazzo ad aumentare l’autocontrollo, saper accettare le sconfitte e le regole che noi imponiamo.

Un controllo sui tempi di esposizione alla Play condivisi tra figli e genitori sono un ottimo punto di partenza del quale vostro figlio vi ringrazierà, anche se all’inizio si opporrà a causa della dipendenza accumulata, si renderà ben presto conto che la qualità della sua vita migliorerà.

Anche con l’aiuto di uno psicologo, si può aiutare il ragazzo ad accettare la sfida di controllare i suoi impulsi e gestire meglio la rabbia, un esercizio che gli servirà per la vita.

Ancora più importante scegliere insieme al ragazzo delle alternative alla Play e dei modi per scaricare l’eccitazione accumulata durante il gioco.

Adesso starai pensando: “Come la racconta lui sembra cosi facile…”, in realtà riconosco che non lo è affatto.

Spesso ci sono delle dinamiche automatiche in famiglia che sono difficili da sradicare, e il genitore non sa nemmeno da dove iniziare per inserire delle regole sui comportamenti, sia alla Play che in casa.

Se credi di aver bisogno di un aiuto a ristabilire un certo ordine nella routine quotidiana non esitare a contattarmi, spesso ci vuole molto meno di quello che si pensa e i risultati saranno la tua risposta.

Contatto email: benedetto.fera@gmail.com
Contatto Whatsapp: 3480019600

Dr. Fera Benedetto Psicologo e Autore

Scompensi emotivi nei DSA: cosa fare.

Dalla mia esperienza come psicologo e come persona, mi sono reso conto di quanto posso essere complesso gestire la relazione in casa con un bambino con caratteristiche cognitive Neurodiverse come nei casi di DSA.

Questi bambini infatti hanno difficoltà nel gestire e regolare le proprie emozioni, per di più non sanno rendersi conto in maniera autonoma di quando i loro livelli di stress, stanchezza o rabbia sono arrivati a livelli troppo alti.

Questa carenza nel gestire i livelli di stress si ripercuote sul comportamento che spesso si mostra oppositivo nei confronti dei genitori fino a sfociare in una vera e propria battaglia quotidiana.

Ma quali possono essere i motivi di tanto stress?

Ad esempio la stanchezza porta ad un sovraccarico emotivo che sfocia in comportamenti disfunzionali, come sappiamo il bambino con DSA, in classe si stanca facilmente.

Dopo le prime ore di lezione ha terminato le sue risorse cognitive che, come la scienza ci insegna, si consumano molto più velocemente rispetto ai non DSA, a causa dello sforzo eccessivo verso la didattica (lettere, numeri).

A questo si aggiunge la frustrazione di dover sopportare le restanti ore di lezione nonostante gli alti livelli di stanchezza percepiti.

Alti livelli di fatica, portano il bambino a vivere un vero e proprio disagio interiore, a provare un forte senso di sconforto e di ipotonia muscolare.

Capisco che a volte può essere difficile da comprendere e da accettare per genitori e insegnanti, bisognerebbe provare per credere.

È chiaro che il bambino ha bisogno di riposarsi e di avere degli strumenti a disposizione per ricaricarsi.

La stessa cosa avviene quando il bambino si sottopone a una fonte di forte eccitazione come ad esempio la Playstation.

Questi bambini, più di altri, soffrono letteralmente durante un gioco a forte carica emotiva, ma non riescono a rinunciare a causa della dipendenza e del piacere derivante dalle vittorie, ma non è mai un piacere “sano”, perché il si arriva a livelli di eccitazione sopra la soglia, fino ad arrivare all’euforia, uno stato che deve essere gestito con i tempi e i tipi di gioco.

Spesso assistiamo a scatti di rabbia acuti e violenti, oppure a profondi stati depressivi, questo succede quando il bambino ha già superato la soglia emotiva, non se ne accorto prima e adesso è completamente in balia delle emozioni.

In questo caso diventa altamente suscettibile anche alla minima parola o richiamo.

Quello che si può fare con questi bambini è un programma accordato tra un professionista e la famiglia, dove si va accuratamente a:

1. regolare tutte le situazioni che sottopongono il bambino a forti stress;
2. si insegna al bambino a riconoscere la soglia che non deve superare,
3. si cercano con il bambino degli strumenti che la aiutano a calmarsi, a rilassarsi o ricaricarsi,
4. si formulano nuove strategie comunicative tra genitore e figlio.

Mi sono ritrovato spesso a svolgere questo lavoro con le famiglie e siamo riusciti ad ottenere sempre ottimi risultati.

Mi sono accorto che spesso i genitori sono molto motivati a cambiare la situazione ed hanno provato in tutti i modi, ma senza riuscirci.

Lo psicologo serve appunto ad avere una visione neutra e analitica della situazione e a dare degli strumenti appropriati.

È chiaro che se “in generale” le difficoltà di questi bambini si svolgono come elencato sopra, ma le modalità non sono uguali per tutti i bambini.

Ho notato che ogni bambini ha un modo diverso di raggiungere la soglia emotiva e superarla, e per ogni famiglia bisogna stilare un programma personalizzato.

Se questo articolo in qualche modo ti ha colpito ed hai bisogno del mio aiuto, scrivimi alla mia mail benedetto.fera@gmail.com oppure mandami un messaggio whatsapp al numero 3480019600 per fissare la prima telefonata di conoscenza gratuita.

Dr. Fera Benedetto
Psicologo e autore

Il poeta non scrive pensando alle parole, ma guardando il mare

Questa mattina alle ore 6:30 ero in riva al mare, volevo vedere il sorgere del sole prima della corsetta e del caffè.

Mi sono seduto sulla punta del molto del porto e ho visto questa palla rossa lentamente ergersi dal mare.

Il mare si gonfiava e ritirava sotto le stelline riflesse sull’acqua.

Cosi il mare mostra la sua potenza mentre il sole lo sorveglia.

Ho sentito una forte ispirazione dentro di me, e le parole si susseguivano nella testa come un magico incantesimo.

È un flusso che si crea dal nulla, un’energie che in molti riescono a sentire, ma in pochi riescono a tradurre in parole.

D’improvviso mi sono svegliato da questo incantesimo ripensando a come a scuola ci hanno fatto “studiare” la poesie e i poeti.

Di solito l’insegnante legge la poesia e cerca con tutte le sue forze di instillare negli studenti la vera essenza delle rime poetiche, cercando di far rivivere e rivedere quel che il poeta voleva trasmettere in quel momento.

Ancora peggio quando si analizza la poesia scomponendola tecnicamente andando ad analizzare ogni singola parola.

Tutto questo, per quanto possa essere interessante per adulti studiosi della poetica, non lo è affatto per giovani studenti.

Per quanto un’insegnante possa essere preparata e “poetica” non riuscirà mai a far riviere il sentimento poetico!

La poesia è qualcosa di intimo, un susseguirsi di “suoni” e non di parole, un’opera geniale che nasce dall’unione dell’intelligenza umana con l’energia dell’universo.

È stato sempre difficile per me comprendere le poesie, mi sono sempre sentito stupido rispetto agli altri perché a quanto pare non riuscivo ad “emozionarmi” davanti a cotanto stile poetico.

Ebbene non per vantarmi, ma io credo di possedere quella scintilla poetica, e penso di essere in grado di sentire io stesso cosa vuol dire la poesia, proprio stamattina ne ho toccata l’intenzione.

E adesso capisco anche, che non ero io stupido, ma semplicemente la mia mente era in grado di creare la poesia, e solo nel momento in cui avrei scoperto questa mia dote, avrei potuto capire le poesie dei diversi poeti.

Mi sono tremendamente annoiato a scuola, perché, a parte alcune materie scientifiche, il resto è soltanto uno scimiottare argomenti preziosi in una sterile e fredda aula scolastica.

Per questo affermo che il poeta non scrive pensando alle parole, ma ispirato da qualcosa.

Un tramonto, un amore, un’alba … qualcosa che lo metta in contatto con questa energia, e per questo non c’è un momento preciso, ma capita.

“Insegnare” la poesia in classe, è come insegnare a cucinare, senza ingredienti: il risultato sarà nullo.

Per alcuni bambini è difficile stare in classe a causa dell’alta sensibilità sensoriale

Quando parliamo di Neurodiversità, ci riferiamo spesso ai Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA).

In realtà, la neurodiversità comprende un ampio spettro di caratteristiche che vanno dall’iperattività, alle difficoltà nella lettoscrittura, fino ad un modo diverso di socializzare e di interpretare il mondo .

Chi si occupa di DSA, deve sapere che dietro un bambino che legge male o scrive male, c’è un mondo “diverso”, tutto da scoprire e interpretare.

Il tema di cui parliamo oggi è l’alta sensibilità, che riguarda una buona percentuale di bambini con DSA, e la maggior parte dei bambini Asperger.

Alta sensibilità, non vuol dire solo essere sensibili e profondi, ma anche e sopratutto una più forte risposta agli stimoli sensoriali.

Quale difficoltà potrebbe avere un bambino DSA in classe?

Se consideriamo i 5 sensi (udito, olfatto, vista, tatto, gusto), possiamo iniziare a comprendere quali potrebbero essere le difficoltà che potrebbe avere un bambino in classe.

A livello uditivo, ogni minimo rumore viene processato dal cervello e niente passa in secondo piano, è un cervello che non si abitua agli stimoli uditivi di sottofondo, ma li subisce tutto il tempo, questi possono essere: il chiacchiericcio dei compagni di classe, i rumori di sedie, penne, fogli, non da meno la voce dell’insegnante.

Anche gli stimoli visivi possono essere invadenti, essere distratti dal troppo movimento, dai quadri appesi al muro, dall’osservare tutti i compagni intorno.

Gli odori possono essere fonte di sofferenza, e il bambino neurodiverso, sente gli odori in maniera più spiccata, fino ad infastidirlo profondamente.

Per un bambino normale tutto questo può essere abbastanza tollerato, per un bambino neurodiverso è fonte di profondo stress.

Gli stimoli diventano invadenti, e in poco tempo ci si ritrova sfiniti, con la voglia di scappare in un posto tranquillo e silenzioso per cercare un pò di ristoro dei sensi.

Questi bambini chiaramente hanno difficoltà a concentrarsi, a maggior ragione quando gli viene posta una domanda o ancor peggio un’interrogazione, quando ormai sono stanchi e stressati da tutto quello che sta intorno.

Anche emotivamente il bambino è molto sensibile e non riesce a gestire le emozioni, spesso questo porta a crisi di pianto, depressione, o comportamenti oppositivi e aggressivi.

Come fa un bambino a spiegare tutte queste difficoltà che prova?

Chi mai gli crederebbe?

è una sensazione che bisognerebbe provare sulla propria pelle per capire la stanchezza che giorno per giorno si trascina.

Infatti per questi bambini non c’è mai tregua, la scuola è fonde di prosciugamento di risorse.

Il bambino risulta scarico e privo di energie, e non ha il tempo nemmeno di ricaricarsi fino a sera, perché il giorno dopo si presenta una nuova giornata scolastica.

Il solo pensiero si un nuovo giorno è fonte di ansia e la vita diventa un tormento di sconforto.

Dr. Fera Benedetto
Esperto sulle Neurodiversità

Contattami per eventi formativi o consulenze personali.

Formazione DSA: il Bambino Dimenticato torna nelle scuole e associazioni di tutta Italia.

Che cosa è davvero importante per un bambino dislessico? Cosa è davvero importante per il suo futuro?

Sono anni ormai che mi occupo di Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), e da quando ho scritto il mio primo libro “il Bambino Dimenticato” nel 2016, ho sentito la necessità di approfondire l’argomento andando oltre le pure e semplici difficoltà scolastiche legate alla didattica.

Ho avuto l’amara esperienza di vivere personalmente il disagio legato ai DSA, e vi assicuro che la mia infanzia è stato un periodo difficile, mi svegliavo la mattina con il desiderio di non esistere, per non dover affrontare il supplizio scolastico.

Quando parliamo di DSA, non ci riferiamo soltanto alle difficoltà legate alla lettura, scrittura e calcolo, ma andiamo a toccare un tema ancor più vasto che è quello della Neurodiversità.

La Neurodiversità è un modo di essere, di sentire, di comportarsi e di elaborare la realtà, diverso dalla maggior parte delle persone definite “normali”.

Ma quali sono le reali difficoltà di questi bambini?

Prima di tutto c’è un’alta sensibilità sia sensoriale che emotiva.

Ogni stimolo sensoriale visivo e uditivo viene percepito con una potenza superiore alla norma e per questi bambini è davvero difficile restare concentrati su un solo stimolo quando sono attorniati da altri stimoli, potete ben immaginare cosa succede in classe, già solo la presenza dei compagni è fonte di distrazione, il rumore della voce dell’insegnante può diventare letteralmente un fastidio e tutto ciò che passa dalla finestra viene elaborato attraverso la visione periferica.

L’alta sensibilità porta ad una sovrastimolazione che con il passare del tempo, sovraccarica il cervello portando a stanchezza e stress, le conseguenze sono vedere lo studente distratto o che non riesce a stare fermo, o addirittura che infastidisce la classe per cercare di evadere da questa tortura.

Quando si verificano situazioni cariche emotivamente in classe, ad esempio l’insegnante alza la voce o si accendono diverbi, il bambino ci mette tempo a ritornare ad una stabilità emotiva di tranquillità e spesso non ci riesce nemmeno.

Non di meno importanza sono le difficoltà a livello sociale, dove si può verificare una difficoltà nell’interpretazione delle emozioni sul volto di chi parla (Alessitimia) e quindi una sbagliata interpretazione delle emozioni altrui con delle reazioni fuori dalle righe.

Per questi bambini, socializzare in un sistema complesso è un vero e proprio lavoro. Non avviene in automatico come nelle persone “normali”, ma usa degli schemi chiamati “masking” che consistono nella copia di modelli comportamentali vincenti presi in prestito dai compagni.

La bassa autostima è un tratto quasi onnipresente nei bambini neurodiversi, loro di solito hanno un’intelligenza superiore alla media e si accorgono di essere diversi dagli altri e di non riuscire a fare le cose come gli altri. Si stanca prima, non riesce a stare attento, si isola o viene isolato dai compagni.

Spesso ha bisogno di stare solo per ricaricarsi e ritrovare il suo centro.

Queste sono solo alcune delle caratteristiche che rendono difficile la vita di uno studente DSA, e purtroppo la maggior parte degli insegnanti, genitori e gli stessi compagni di classe, non possono capire queste difficoltà, perché non riescono nemmeno lontanamente ad immaginare che una persona possa funzionare in questo modo.

Perché ritengo importante la formazione sulla Neurodiversità?

Perché c’è in ballo il futuro del bambino, portarsi dietro queste difficoltà, senza essere compreso, porta automaticamente a sviluppare patologie come ansia, depressione, attacchi di panico, pensieri ossessivi e svalutanti, che non gli consentiranno in futuro di sviluppare un’autonomia.

Cosa faccio come psicologo…

Prima della chiusura dovuta al Covid, questi argomenti legati al disagio scolastico sono stati un imperativo da far conoscere a quanti più insegnanti e genitori possibile.

Durante i miei convegni avviene un vero e proprio risveglio, una presa di conoscenza che spesso porta alla commozione e allo sgomento di non aver saputo prima quelle informazioni e non essere potuti intervenire in tempo.

È importante portare nelle scuole e associazioni di tutta Italia questi argomenti, delle chiavi di lettura diverse sotto cui vedere questi bambini, e delle nuove modalità di interazione con loro.

Come fare per ottenere un intervento del Dr. Fera presso la propria sede?

Sono uno psicologo libero professionista ed in genere raccolgo le prenotazioni personalmente.

Sotto questo articolo troverai un modulo da compilare.

Dopo aver compilato il modulo otterrai una risposta via mail nelle successive 48 ore con tutte le informazioni sullo svolgimento e i costi della formazione.

Questa per me è una missione importante. Come genitore o insegnante aiutami a diffondere la conoscenza in tutta Italia condividendo e proponendo alle scuole questo articolo, in modo che possano entrare in contatto con me.

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