DSA trasmissibile, la testimonianza di Alessia

“La diagnosi di DSA era percepita come una malattia trasmissibile!”

Il Sabato è dedicato alle testimonianze.

Oggi diamo voce ad Alessia, una ragazza che frequenta la scuola e vuole raccontare la sue esperienza con i compagni e i professori:

Ciao, io sono Alessia, frequento l’ultimo anno di superiori e sono DSA.

Ho perso un anno, poi ho cambiato scuola e vi dirò, “menomale!!”

Non mi trovavo bene con i compagni e tanto meno i prof.

La diagnosi di DSA in quel periodo scolastico era percepita da loro come una malattia trasmissibile!

E ciò non mi faceva stare bene per niente.

Per fortuna le cose sono cambiate e tra qualche mese sarò libera a tutti gli effetti! nonostante questa specie di sfogo.

Ci tenevo a dirti che nelle cose che scrivi mi ci rivedo molto, non solo perché è una situazione che vivo in prima persona, ma anche perché mi piace ciò che scrivi.

Ti ammiro tanto, continua così🍀💙

Cara Alessia, sono felice che tu sia riuscita ad uscire da quella brutta situazione!

Purtroppo la formazione e sensibilizzazione nelle scuole non è mai abbastanza!

Chissà forse un giorno andrò a fare uno dei miei convegni nella scuola dove ti trattavano male e alla fine capiranno!

Giusto per informazione del pubblico la dislessia e i DSA non sono una malattia e tanto meno trasmissibile!

Stiamo parlando di una caratteristica di cui la maggior parte di voi non proverà mai la meraviglia ❤

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Raccontami anche tu la tua esperienza, la pubblicheremo sabato prossimo!

Grazie da Benny Fera, psicologo dislessico e autore de “il bambino dimenticato”

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L’angolo di mamma Bettina #3: “la voglia”

C’è veramente da divertirsi con le storie di C. e mamma Bettina.

Il racconto che segue mi ha riportato indietro nel tempo, alle mie difficoltà ed al mio modo di affrontare la scuola.

Buona lettura 🙂

La voglia.

Ho incontrato un’altra mamma. Mi racconta che suo figlio è vero che è dislessico, ma il suo problema è che NON HA VOGLIA di studiare.

Anche questo è un genitore che non SA cosa è la dislessia.

Quando incontro questo tipo di genitori, mi rattristo per i loro figli.

Ma cos’è questa voglia? Come si fa ad averla? Dove si va a prenderla?

  • scrive un tema. Non si contano gli errori di ortografia, le omissioni. La suddivisione delle sillabe è un optional. Non si dovrebbe andare a capo sul rigo in questo modo: interruz-

-ione.  C. però ci va.

Il contenuto è ricco di riflessioni, conclusioni personalizzate e riferimenti alla realtà delle cose.

La maestra dice che c’è da lavorare tantissimo. C. deve concentrarsi sulla scrittura, cercare di correggersi e diminuire gli errori perché quando vuole lo sa fare.

A casa ci alleniamo. C. mi dice che non ha voglia di scrivere.

“Proviamo!”, rispondo.

Inizia a scrivere cosa ha fatto il finesettimana, stando molto attenta a mettere bene insieme le lettere, poi le parole, poi i verbi.

“Questo week end sono stata a casa!”. FINE

Mi viene da ridere a crepapelle, perché non è vero. C. è uscita con degli amici ed è andata al parco a giocare a pallone. “Tutto qui?”, chiedo.

“Sì…”, dice lei, “…se scrivo tutto quello che ho fatto non posso controllare gli errori.”.

E’ per questo che non hai voglia?

  • fa una faccia strana, ci pensa e risponde di sì. “Sì, devo stare attenta a troppe cose e mi passa di mente quello che voglio dire”.

Allora dico a C. di scrivere come le pare, di raccontare e di non stare dietro alle parole.

  • fa un testo di due pagine scritte a mano. “Descrive il tempo, che c’era il sole, descrive gli amici con cui è uscita, descrive la partita di pallone, che avevano sete e racconta anche dell’acqua fresca che usciva dalla fontana. Conclude che gli amici sono importanti e che correre all’aria aperta fa bene.”

Questo sì che è un bel tema! C. batte le mani dalla felicità. Lo fa spesso quando è contenta.  Suggerisco a C. di tenere fede al contenuto e non alla forma. Meglio un contenuto ricco e interessante che una bella forma e un contenuto vuoto, misero, senza senso.

Il giorno dopo in classe quando la maestra chiede: “Chi ha voglia di venire a scrivere alla lavagna?” C. alza la mano (non lo aveva mai fatto) e va a scrivere. Le viene dettato un testo. C. scrive con il suo modo. Alcuni compagni si lamentano e sostengono che C. non è capace di scrivere.

Si volta e risponde loro: “Il problema è vostro che non sapete leggere quello che io scrivo. Fatevi venire la voglia!”.

(…segue)

Vi faccio una domanda:

Quanto è importante che i genitori sappiano cos’è la dislessia?

Quando avremo dei genitori consapevoli, avremo anche dei figli più sicuri in grado di rispondere come C. : “fatevi venire la voglia!

Un grande saluto a Bettina

Clicca qui per leggere il racconto n. 4

Benny

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