In questa puntata parlerò delle caratteristiche del dislessico rispetto alla#scrittura, #aAbilitàMotorie, #matematica, #GestionedelTempo, #lettura,#ortografia.
Ovviamente il tutto condito dai miei commenti personalizzati 😉
In questa puntata parlerò delle caratteristiche del dislessico rispetto alla#scrittura, #aAbilitàMotorie, #matematica, #GestionedelTempo, #lettura,#ortografia.
Ovviamente il tutto condito dai miei commenti personalizzati 😉
Una rubrica che mi ha affascinato e arricchito.
Mamma Bettina ha voluto trarre le conclusioni della sua rubrica.
Consigli per i genitori che vogliono entrare in questo affascinante mondo della Dislessia.
Buona lettura 🙂
Parliamo di noi.
Ho scoperto il blog di Benny (io e la dislessia) per caso su internet.
Leggendo un articolo sui dis-lessici che parlava del come il suffisso dis- avesse una valenza negativa e del come si fosse reso necessario per la scuola di ogni ordine e grado nel tentativo di inquadrare in una etichetta tutti gli alunni che in sé hanno un modo diverso di imparare perché hanno un modo diverso di ragionare.
Mi sono detta che era vero, l’avevo sempre pensato anche io.
Quel DIS- mi è sempre rimasto sulle scatole. Ho contattato direttamente Benny e ho parlato con lui.
Lui ha parlato con me. Sembra una banalità, ma non è così. Per capirsi occorre parlare in due e ascoltarsi.
Ci siamo scambiati opinioni e punti di vista e io ho espresso il mio: quello del genitore.
Sono fermamente convinta che è nell’ambito familiare, prima che scolastico, che il cambiamento deve avvenire. Un genitore che apprende da una diagnosi di avere un figlio dislessico deve assolutamente informarsi su cosa è la dislessia.
Deve capirne i meccanismi, studiarli se serve, fornire supporto al proprio figlio perché egli arrivi alla consapevolezza unica che egli possiede una neuro diversità, NON un deficit; che il suo pensiero viaggia a velocità supersonica, immagina, anche cose che ancora non esistono; che egli ha la capacità di mettere in relazione a “raggiera” e non a “piramide” tutte le informazioni della sua conoscenza in merito ad una nuova informazione, la verifica, la soppesa, ne trae conclusioni che a noi non dislessici (parlo per me) sono impossibili da concludere.
Sono la mamma di una ragazzina dislessica, che oggi ha 13 anni. Lei sa da quando aveva 6 anni di esserlo e io non ho mai pianto per questo. Anzi, ne sono stata orgogliosa. Sinceramente non capisco quei genitori che si disperano per questo; non capisco i padri che dicono “non hai voglia di studiare” ai figli dislessici; non capisco le madri che stanno zitte e in silenzio pensando che tanto non ne vale la pena, hanno un figlio con problemi.
Un figlio con problemi è un figlio che vive una condizione grave di salute, fisica o mentale, non destinata a migliorare. Un figlio con problemi è quello che vive in una condizione familiare penosa. Un figlio con problemi è quello che è stato abbandonato dai genitori. Questo, almeno per me. Mi auguro per molti.
Un figlio dislessico non è un figlio con problemi perché NON ha problemi. Catalogare qualcuno che possiede un pensiero divergente con la parola PROBLEMI è scorretto.
Sminuente oltretutto di capacità molto alte.
Non dico questo perché sono madre, ma perché questa è la realtà delle cose e degli studi effettuati in materia anche scientifica. L’ignoranza fa molte vittime ma per superarla occorre la comprensione dei fatti. Quindi sarò molto dura come è nel mio carattere: i genitori che dichiarano di avere un figlio con problemi solo perché è dislessico NON sono dei genitori meritevoli. Sono loro che compiono la prima discriminazione, reiterata nel tempo, inconsapevoli del danno che creano. Comprendo quei genitori di 30 o 20 anni fa, quando non si conosceva la dislessia, ma non giustifico quelli di oggi dove in qualunque momento possono accedere alla conoscenza.
Benny nel suo blog mi ha dato la possibilità con la rubrica di MammaBettina di spiegare attraverso dei racconti basati sull’esperienza personale mia e di C. di spiegarmi e di rivolgermi ai genitori.
Se vostro figlio vive in un ambiente che lo giudica ogni giorno un asino, che lo mette in punizione per non saper leggere bene, per non memorizzare le tabelline, per non scrivere con le doppie e le H al posto giusto, quello sì che è un figlio con problemi e allora fate bene a chiamarlo così.
Il problema di vostro figlio siete voi. Non la dislessia.
Ringrazio Benny per la sua umiltà, intelligenza, sensibilità, e per essere portatore ovunque di sana umanità.
Sono certa che qualcosa è destinato a cambiare.
(da Bettina a Benny)
Ovviamente il fruttuoso scambio tra me e Bettina non finirà.
Insieme abbiamo deciso di aprire un gruppo in cui poter aiutare genitori in difficoltà, che vogliono un supporto umano sui problemi legati ai disturbi di apprendimento.
vai al gruppo Genitori insieme DSA
Iscriviti! ti aspettiamo 🙂
Benny e Bettina
Mamma Bettina colpisce ancora
Sono commosso :’)
Proprio oggi stavo pensando che genitori, insegnanti, tecnici DSA, sono troppo impegnati a lavorare sui problemi della Dislessia.
Ma stiamo perdendo di vista la sensibilità delle persone.
Dovremmo iniziare a spostare l’attenzione dalla scuola alle persone.
Questo racconto mi ha toccato il cuore.
La personalità di C., ha qualcosa di magico che si è costruito nel tempo.
Un esempio di umanità e di amore che dovrebbe essere coltivato tutti i giorni.
Buona lettura 🙂
Insegnami
Siamo alle medie. Il primo giorno di scuola C. si presenta in classe con tutti i suoi strumenti compensativi, li tiene sopra al banco.
-Che hai lì?, chiede la nuova prof. di matematica.
-Sono i miei strumenti, mi servono perché io sono dislessica.
Lo dice così, ad alta voce, davanti a tutti i compagni che sono nuovi a parte cinque o sei ragazzini che la conoscono dalle elementari. Lo dice senza vergogna, portando se stessa e con grande consapevolezza.
In genere i ragazzini dsa tendono a tacere, a rimanere in ombra, temono di essere giudicati, perché loro lo sanno … è vero, la maggior parte delle persone crede che non sei capace, che hai gravi problemi di intelletto, che sei un asino se conti sulle dita. C. invece sa da molti anni che non è così e se lo sa lei è più che sufficiente.
La prof. vuole vedere che c’è in quei fascicoli. Si avvicina anche un prof. di sostegno assegnato alla classe. La prof. esclama – … ma tu sei organizzatissima! Brava e complimenti.
Il prof. di sostegno chiede di poter fare le fotocopie di tutto quel materiale (costruito da C.), perché gli sarà utile per aiutare altri ragazzi.
- torna a casa con una dose di autostima ancora più grande. Il suo sorriso è gigantesco. La prima media finisce con tutti 7 8 e 9 in pagella.
Il secondo anno di scuola media, (quello che frequenta ora C. a 13 anni appena fatti) fila via bene. C. incontra difficoltà, ma le supera brillantemente e adesso va a scuola con un tablet dove elabora schemi, mappe e che dispone di una sintesi vocale.
Si ritrova in classe un ragazzo e una ragazza dsa come lei che sono stati bocciati. Stanno in silenzio spesso, non vanno interrogati perché non sanno come fare a studiare, leggere decine di pagine è una cosa impossibile per loro e a casa non sono seguiti dai genitori. Mi ritrovo a parlare con la madre di questa ragazzina e mi dice che è stata dura per lei accettare di avere una figlia dislessica.
Mi chiede: -ma tu come hai fatto con C.?
Sarei tentata di rispondere che lei non ha capito nulla della dislessia, che non deve trattare sua figlia come una idiota, ma poi … per il bene della ragazzina le fornisco con calma una serie di link e di riferimenti dove andare a leggere e capire che non c’è proprio nulla di drammatico da accettare. Anzi … ci sono potenzialità che lei non può nemmeno immaginare.
La ragazzina un giorno durante una verifica di matematica chiede a C. se si può avvicinare a lei con il banco e usare i suoi strumenti. C. è d’accordo e chiede lei il permesso alla prof., la quale acconsente. Dopo quella verifica la ragazzina che chiamerò A. viene lasciata per due mesi nel banco insieme a C. che le spiega e le insegna a studiare. I voti di A. migliorano dal 5 passano al 7, barcolla ancora, ha iniziato tardi a prendere consapevolezza del suo dsa, ma meglio tardi che mai.
Il ragazzo che chiamerò P. invece rischia di bocciare per la seconda volta di fila. Ha molte insufficienze.
In classe chiede spesso aiuto a C., le chiede di spiegare anche a lui come si fa e le dice che lui a casa per i suoi genitori “è trasparente”, le dice che non vuole bocciare di nuovo. Siamo alla fine della scuola ormai e i suoi voti sono pessimi.
Ormai per lui è tardi …
Però … non è detta l’ultima parola.
- ieri è tornata a casa, mi ha detto:- Mamma, sapessi …
Ho immaginato fosse successo il peggio, quando lei parla così ha sempre un discorso serio da fare.
E così ha iniziato a dire che negli occhi di P. lei ci vede la volontà di imparare, solo che non sa come fare. Dice che lei ha capito che lui impara solo tramite i disegni e gli schemi, dice che lei si offrirà …
-a fare che scusa? Domando io.
-Ad insegnargli. Lui mi ha chiesto “insegnami!”.
-e quando che la scuola è finita? (mancano meno di 10 giorni).
-Questa estate, due pomeriggi a settimana lo faccio venire a casa, e gli spiego come creare mappe, schemi, come e cosa sottolineare nel libro. Parlerò con i prof. Un accordo … tra me e loro e P. Loro non lo bocciano e io mi assumo la responsabilità del suo miglioramento in previsione della terza media.
Io strabuzzo gli occhi, non mi piace questa cosa perché C. dovrà rinunciare al suo tempo libero, però la vedo determinata e consapevole. Ha una tale intelligenza ed empatia che si comporta come un adulto su certe cose senza mai farsi mancare il sorriso che è contagioso.
Per convincermi fino in fondo dice ancora:-Tutti devono avere qualcuno che crede in loro. Tu hai creduto in me e io crederò in P.
-Dico che sono d’accordo con lei.
- è una che non perde tempo e stamani ne parlava con P. e con i professori.
… se i prof. La ascolteranno P. non boccerà quest’anno. Dopo i prof. Io spero che ad ascoltare siano i genitori di P.
Un figlio non dovrebbe mai essere “trasparente”.
Se qualcuno ottiene cattivi risultati a scuola, devono essere gli adulti a doversene preoccupare.
Molto probabilmente c’è qualcosa che non funziona nel metodo, nell’approccio, nei meccanismi familiari e scolastici.
Io da psicologo ho mollato da un po’ diagnosi e trattamenti.
Ho iniziato a lavorare sui disagi dei ragazzi e dei genitori, parlando direttamente con loro.
Qualcuno dovrà pur portare un briciolo di sensibilità in una società di robot del consumo.
Benedetto e Bettina
La voglia.
Ho incontrato un’altra mamma. Mi racconta che suo figlio è vero che è dislessico, ma il suo problema è che NON HA VOGLIA di studiare.
Anche questo è un genitore che non SA cosa è la dislessia.
Quando incontro questo tipo di genitori, mi rattristo per i loro figli.
Ma cos’è questa voglia? Come si fa ad averla? Dove si va a prenderla?
- scrive un tema. Non si contano gli errori di ortografia, le omissioni. La suddivisione delle sillabe è un optional. Non si dovrebbe andare a capo sul rigo in questo modo: interruz-
-ione. C. però ci va.
Il contenuto è ricco di riflessioni, conclusioni personalizzate e riferimenti alla realtà delle cose.
La maestra dice che c’è da lavorare tantissimo. C. deve concentrarsi sulla scrittura, cercare di correggersi e diminuire gli errori perché quando vuole lo sa fare.
A casa ci alleniamo. C. mi dice che non ha voglia di scrivere.
“Proviamo!”, rispondo.
Inizia a scrivere cosa ha fatto il finesettimana, stando molto attenta a mettere bene insieme le lettere, poi le parole, poi i verbi.
“Questo week end sono stata a casa!”. FINE
Mi viene da ridere a crepapelle, perché non è vero. C. è uscita con degli amici ed è andata al parco a giocare a pallone. “Tutto qui?”, chiedo.
“Sì…”, dice lei, “…se scrivo tutto quello che ho fatto non posso controllare gli errori.”.
E’ per questo che non hai voglia?
- fa una faccia strana, ci pensa e risponde di sì. “Sì, devo stare attenta a troppe cose e mi passa di mente quello che voglio dire”.
Allora dico a C. di scrivere come le pare, di raccontare e di non stare dietro alle parole.
- fa un testo di due pagine scritte a mano. “Descrive il tempo, che c’era il sole, descrive gli amici con cui è uscita, descrive la partita di pallone, che avevano sete e racconta anche dell’acqua fresca che usciva dalla fontana. Conclude che gli amici sono importanti e che correre all’aria aperta fa bene.”
Questo sì che è un bel tema! C. batte le mani dalla felicità. Lo fa spesso quando è contenta. Suggerisco a C. di tenere fede al contenuto e non alla forma. Meglio un contenuto ricco e interessante che una bella forma e un contenuto vuoto, misero, senza senso.
Il giorno dopo in classe quando la maestra chiede: “Chi ha voglia di venire a scrivere alla lavagna?” C. alza la mano (non lo aveva mai fatto) e va a scrivere. Le viene dettato un testo. C. scrive con il suo modo. Alcuni compagni si lamentano e sostengono che C. non è capace di scrivere.
Si volta e risponde loro: “Il problema è vostro che non sapete leggere quello che io scrivo. Fatevi venire la voglia!”.
(…segue)
Vi faccio una domanda:
Quanto è importante che i genitori sappiano cos’è la dislessia?
Quando avremo dei genitori consapevoli, avremo anche dei figli più sicuri in grado di rispondere come C. : “fatevi venire la voglia!”
Un grande saluto a Bettina
Clicca qui per leggere il racconto n. 4
Benny
il mantra che ha intossicato la mia vita
Molti di voi penseranno: “se studi, ottieni buoni voti”.
Non è cosi nei Disturbi di apprendimento, una caratteristica che ti mette ostacoli e paletti verso l’apprendimento di nozioni astratte.
La mente del dislessico ragiona ad immagini, e tutto ciò che non si può immaginare diventa un ostacolo per la mente.
Un altro stereotipo potrebbe essere: “se ce la faccio io, ce la fai anche tu“.
Concetto più che mai errato, perché ognuno è diverso, ed ognuno apprende a modo suo.
Spesso per chi è dislessico la scuola sembra un mondo alieno.
Ad un occhio poco esperto potrebbe sembrare che i DSA sono:
La parola “studia” è stata l’ossessione della mia vita.
Rabbia e frustrazione hanno condito le mie giornate
Ero rassegnato all’idea di essere un testone.
Passavo tutto il pomeriggio a ripetizioni.
Cosi almeno i miei genitori erano più tranquilli
In casa mia era difficile essere sereni, perché il mio problema causava una reazione a catena su tutta la famiglia, familiari ed amici di famiglia.
Spesso ero al centro dell’attenzione togliendo spazio ai miei fratelli.
Contro la mia volontà si creava una circolo vizioso in tutta la famiglia
Anche i miei parenti lontani sapevano della mia situazione e non perdevano tempo per redarguirmi anche loro: “studia Benedetto, non fare arrabbiare mamma e papà”.
Immaginate voi il peso che deve portare addosso un bambino per tanti anni.
Non sapete quanto ho desiderato da bambino vedere i miei genitori felici ed orgogliosi di me.
Diventa di vitale importanza per un figlio ricevere l’approvazione dei genitore, questo è ovvio, ma spesso questo obiettivo si perde di vista per fare spazio ad altri di molto meno valore.
Si bada troppo alle apparenze, “mio figlio deve essere un bravo studente, altrimenti che immagine darà la nostra famiglia!”
Questo malessere quotidiano mi ha portato inesorabilmente a vivere un’adolescenza infelice, piena di difficoltà.
Con l’andar del tempo sono diventato oppositivo e fuori dagli schemi.
Nessuno delle persone che mi stava intorno aveva una spiegazione plausibile alle mie difficoltà, perché della dislessia non se ne sentiva parlare, quindi ho dovuto subire.
Ma oggi colgo l’occasione per mandare un messaggio ai genitori:
“fino a quando non ACCETTATE la diversità di vostro figlio, gli farete solo del male. Inutile insistere con le maniere classiche di studio, bisogna cambiare strategie ed avere pazienza, perché i risultati arriveranno.
Ricordate che un figlio, ha come primo alleato i genitori, ha bisogno della vostra fiducia”
Ho raccolto tutta la mia testimonianza nel libro: IL BAMBINO DIMENTICATO
Clicca qui per ospitare un evento sulla dislessia nel tuo paese.
Benny Fera
Psicologo dislessico e Autore
Il bambino dimenticato
Come viviere da dislessico
La scuola dei miei sogni
Dislessia: quale scuola?
Ti ho lasciato un bacio in stazione
Benny fuori classe
Se trovo chi ha inventato la scuola lo ammazzo! e se è morto lo uccido di nuovo!
“Se trovo chi ha inventato la scuola lo ammazzo! e se è morto lo uccido di nuovo!”